Nell'addio alla scuola di Befacchia l'analisi della società 

TERAMO  Capita di rado che una notizia, una lettera che raggiunga una redazione sia un pugno nello stomaco. Il pugno lo ha dato il professor Befacchia a quelli che hanno letto stamani su 'La Città' il suo addio alla scuola. E il pugno deve averlo avvertito anche il direttore del giornale, Antonio D'Amore che quella lettera la commenta. Scrive D'Amore, nel suo 'come Namaziano. ' che Befacchia se ne va con una '. lucida, feroce, dolorosa, profonda, amara, indiscutibile, pesante analisi di quella 'poca cosa' che è diventata la scuola di oggi'. In effetti le righe che Befacchia ha affidato al quotidiano 'La Città' sono davvero uno spartiacque tra la coscienza di che cosa è la società in cui viviamo (che si raggruma miseramente nelle aule scolastiche) e ciò che alla società gli uomini possono ancora dare. O per meglio dire: ciò che alcuni uomini dalla società ancora vogliono. Ieri noi in 'primo piano' ricordavamo un pezzo che parla di mediocrità, oggi il coltello è andato ancora più a fondo. Dice il professor Befacchia:'Domani mi incammino verso casa. Il Cielo mi sia propizio'. Dice D'Amore che Befacchia torna alla sua Gallia (a casa ndr) 'da vincitore'. Ci permettiamo di condividere.