Sfilano gli indagati e l’inchiesta s’allarga

PESCARA – E’ tutt’altro che conclusa l’inchiesta sulle tangenti nella sanità che ha terremotato la politica abruzzese con l’arresto del presidente della Regione, Ottaviano Del Turco, e di una decina tra assessori, politici e imprenditori, oltre all’iscrizione nel registro degli indagati di 25 persone. I pubblici ministeri della procura di Pescara titolari dell’indagine, Giuseppe Di Florio e Giuseppe Bellelli, insieme al procuratore della Repubblica Nicola Trifuoggi, stanno infatti prendendo in esame non solo la posizione di chi è già finito agli arresti o è indagato, ma anche quella di altri personaggi che potrebbero risultati coinvolti nel giro di tangenti legate alla seconda tranche della cartolarizzazione dei debiti della sanità. L’inchiesta dunque potrebbe presto allargarsi, anche in considerazione del fatto che gli atti sequestrati dalla Guardia di Finanza alla Regione, contenuti in circa venti scatoloni, stanno arrivando in queste ore in procura. La conferma arriva anche dal fatto che, lo dicono le stesse Fiamme Gialle, continueranno le ricerche iniziate nel pomeriggio nel caveau delle banche e nel segreto delle cassette di sicurezza, a caccia dei soldi e delle tangenti, per verificare le disponibilità economiche degli arrestati e degli indagati. Ma l’obiettivo dei magistrati è anche capire se dalle carte possano emergere ulteriori spunti o filoni d’indagine. E’ in quest’ottica dunque  che i pm hanno sentito e continueranno a sentire, per il momento in qualità di persone informate sui fatti, una serie di dirigenti e funzionari che lavorano nelle strutture vicine al presidente della Giunta regionale e al segretario generale alla presidenza, Lamberto Quarta, anche lui agli arresti. Molti di questi avevano già "assistito" i finanzieri nelle perquisizioni che si sono concluse solo ieri a palazzo Centi, sede della Giunta, e non è escluso che possano fornire elementi importanti per chiarire il contenuto degli atti sequestrati. Intanto dalle carte dell’inchiesta emerge che tra gli indagati eccellenti figurano anche i nomi dell’ex presidente di
centro destra della Regione, Giovanni Pace, e il parlamentare di Forza Italia, Sabatino Aracu. E proprio l’ex governatore è stato ascoltato oggi dai pm. «Sono sereno come quando sono andato a sposarmi 46 anni fa, non ho mai preso un euro», ha detto prima dell’interrogatorio, sottolineando di aver saputo dai giornali della richiesta d’arresto nei suoi confronti (non
accolta dal Gip). «Sono fedele anche nel ruolo pubblico, sempre attento alle spese, alla correttezza e credo di poter dire che se qualcuno mi avesse dato 100mila euro e io li avessi presi, sarei un cretino». I pubblici ministeri, ha aggiunto Pace al termine dell’interrogatorio, «mi hanno contestato di aver preso una somma di denaro di 100 mila euro tramite altra persona: ma mi hanno dato atto che io non ho percepito materialmente quella somma». L’ex governatore si dice convinto di aver fornito «ogni spiegazione utile e sufficiente». E ha ribadito che «non ho mai fatto questo né adesso né mai». In procura è sfilato anche l’ex assessore regionale ai trasporti e deputato del Pd, Tommaso Ginoble, indagato anche lui nell’inchiesta che ha azzerato i vertici del Pd abruzzese. Ma i pm Di Florio e Bellelli, assieme al procuratore Trifuoggi, lo hanno ascoltato per un’inchiesta parallela a quella che ha portato in carcere Del Turco e che riguarda la delibera regionale n. 58 con cui la Giunta autorizzava una transazione di 14 milioni di euro alla Deutsche Bank. «Ginoble ha offerto chiarimenti congrui» in merito all’inchiesta, ha detto il suo avvocato, Lino Nisi, sottolineando che è «dunque estraneo alla
vicenda relativa alla gestione della sanità».

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