«Indagine perfetta e risolutiva»

TERAMO – «Un’indagine difficile, complessa ma in cui eseguire le più classiche delle attività di investigazione è stato determinante per il risultato positivo»: è soddisfatto il questore di Teramo, Piero Angeloni, della soluzione del delitto di Ennio Costantini. Lo ha detto tracciando il bilancio investigativo nella conferenza stampa del giorno dopo, in questura, circondato dagli uomini della squadra mobile e del loro dirigente, il vicequestore Gennaro Capasso (i due sono assieme nella foto). «E’ stato importante inquadrare subito l’ambiente in cui è maturato il delitto – ha detto Angeloni – e l’acume investigativo dei miei uomini ha permesso di delineare la personalità della vittima e le sue frequentazioni. Devo però sottolineare la perfetta sintonia con l’autorità giudiziaria, con il procuratore Ferretti e il sostituto D’Avolio: un lavoro di squadra che ha permesso di assicurare alla giustizia chi ha commesso il grave reato».

Indagine complessa, passato al setaccio il mondo che ruotava attorno alla vittima
E’ stato verificato perfino l’elenco dei referti dei pronto soccorso di tutti gli ospedali abruzzesi, perfino di chi era stato morso da un cane. Non è stato tralasciato nulla nell’indagine per individuare l’assassino di Max Costantini. Lo ha riferito il vicequestore Capasso, nel tracciare il bilancio e illustrare alcuni dettagli dell’omicidio. Per quattro giorni ininterrotti gli uomini della mobile – che il dirigente ha voluto ringraziare per l’impegno e l’abnegazione profusi – hanno ascoltato decine e decine di persone, per scandagliare a fondo la personalità di Max e le sue frequentazioni. La pista del delitto maturato nella sfera privata è emersa quasi subito dop aver scartato quella della rapina.

Mounem Daib ha ucciso da solo e nel primo pomeriggio

Daib, il ventenne marocchino arrestato e reo confesso del delitto, ha riferito che quel giorno si trovava nel capannone perchè aveva un appuntamento con Max Costantini: l’imprenditore gli aveva promesso di prenderlo a lavorare con lui e per questo i due, poco dopo mezzogiorno, si erano visti nella zona artigianale di San Nicolò. Hanno parlato, poi dopo più di un’ora, secondo quanto racconta l’omicida, l’imprenditore avrebbe tentato un approccio sessuale: lì sarebbe scattata la follia omicida e il delitto. Venti colpi di coltello sferrati con un serramanico trovato nel capannone. Daib ha lasciato Max agonizzante sul pavimento: morrà almemno tre ore dopo, dissanguato e in una lenta agonia. Il giovane nordafricano ha preso le sua scarpe, le ha calzate per non lasciare tracce, ha messo in un sacchetto i suoi mocassini e il coltello e li ha buttati in un cassonetto. Poi è tornato in città, a casa, in autobus. A tarda notte, il vigilantes ha scoperto il cadavere.