Per le Ipab bisogna ripensare la legge

TERAMO – Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera aperta (di Roberto Marchione, redazione di Tv Atri) rivolta al centrodestra e al mondo della politica in genere sulle Ipab e sulla necessità di decidere sulle strutture pensando alle persone che ne beneficiano piuttosto che ai tecnicismi legislativi e di nomina. Ecco il testo.

"E’ del luglio scorso l’annuncio dell’Assessore Regionale Gatti sull’ormai imminente riforma delle IPAB, ma molte proteste continuano ad arrivare da Atri .
Col testo attuale della riforma, i circa 80 istituti presenti nella Regione, saranno accorpati dal punto di vista patrimoniale, dei servizi e del personale in quattro Aziende Servizi alla Persona (ASP), con conseguente azzeramento dei vari Consigli d’Amministrazione e nomina di Commissari, e da qui partono le proteste; ricordiamo che la trasformazione delle IPAB in ASP era richiesta dalla Legge Turco 328, nell’ottica di costruire un sistema integrato dei servizi sociali e sanitari, ma lasciando comunque il ruolo principale ai Comuni, mentre nel caso abruzzese, assolutamente non in linea con quanto deliberato in base a ciò in altre regioni, il tutto verrebbe accentrato nelle mani della Regione, che creerebbe in questo modo dei cosiddetti “carrozzoni”, da sempre ripudiati a parole dal centrodestra, mettendoci a capo dei Commissari ben pagati (che spero non sarà questo il caso, ma di solito risultano essere sempre amici degli amici) e che non potranno mai conoscere a fondo il territorio come i rappresentanti locali. Tra l’altro questo concetto è ribadito anche in www.welfare.it, sito sicuramente più vicino al centrodestra che al centrosinistra.
Secondo Roberto Prosperi, presidente dell’Orfanotrofio Ricciconti (una delle più importanti IPAB abruzzesi) “La lettura del testo di legge mi ha lasciato sconcertato. Le IPAB sono Istituzioni, spesso molto antiche, che nascono perlopiù da lasciti testamentari di persone facoltose che, nel donare i propri beni ai poveri, hanno istituito eredi ora le pubbliche istituzioni (comuni e province), ora la Chiesa.  Le IPAB, per oltre un secolo, soprattutto nei centri meno popolosi, hanno rappresentato gli unici punti di riferimento in ambito sociale presenti sul territorio e hanno incarnato il primo esempio della rete dei servizi sociali, dove il pubblico e il privato, soprattutto religioso, sono riusciti ad integrarsi. Queste Istituzioni (ricoveri per anziani, orfanotrofi, asili, ecc.), che rappresentano, dunque, la storia e la cultura delle comunità locali abruzzesi, con l’approvazione della proposta di legge predisposta dalla Giunta regionale, verranno cancellate: la riforma prevede, infatti, l’accorpamento di tutte le IPAB di ciascuna provincia in unica azienda con sede nel capoluogo provinciale.
Attualmente, salvo qualche eccezione, gli amministratori di questi enti, svolgono le loro funzioni in maniera del tutto gratuita. Asserire, come è stato asserito, che l’accorpamento rappresenta una riduzione di spesa in relazione alle indennità degli amministratori, è semplicemente una volgare menzogna, irriguardosa di chi ha svolto e svolge le proprie funzioni sacrificando la propria professione, i propri affetti, il proprio denaro, il proprio tempo libero e intendendo l’amministrazione pubblica quale atto di impegno civile. Infatti, la legge prevede che, con la sua entrata in vigore, tutti gli organi amministrativi (e quindi le persone che gratuitamente si sono messe al servizio della comunità) decadano automaticamente e che, per ogni provincia, le loro funzioni vengano svolte da tre commissari, nominati dalla giunta regionale, con mandato a tempo indeterminato (sino al completo riordino…), profumatamente pagati dagli enti di beneficenza, i quali avranno l’incarico di decidere il destino di ciascuna istituzione, con buona pace  delle volontà dei Benefattori, dei poveri, dei dipendenti, dei servitori civili, delle comunità locali e delle istituzioni ecclesiastiche a cui i lasciti furono affidati. Ciò conferma l’idea che mi sono fatto in questi tre anni di totale dedizione al mio ente: non si può nemmeno immaginare una politica sociale che prescinda dall’amore. Se i servizi sociali pubblici non funzionano è perché chi è chiamato ad amministrare non incrocia gli occhi di chi ha bisogno, non si lascia andare all’amore dei bambini, non amministra avendo in mente che chi ha bisogno dei servizi è una persona, fatta di braccia che spesso non sanno abbracciare  e di gambe che spesso non sanno camminare; che chi ha bisogno di servizi sociali è la famiglia, fatta di mutui da pagare e di bollette che scadano, di uomini e di donne che talvolta hanno bisogno di un semplice pulmino per essere persone libere.
Cosa ancora il nostro Abruzzo deve sopportare? Quando inizieremo a volerci bene. E’ possibile che nemmeno lo schifo della sanità abruzzese, nemmeno la immane tragedia di L’Aquila siano riuscite a introdurre l’Amore nella politica abruzzese? Nel nostro piccolo, ad Atri, l’Amore amministra un ente pubblico, con tutti i problemi e i difetti che un sentimento tanto irrazionale può portare.
La mia proposta di riforma è dunque semplice: stracciare questa legge e riscriverla, pensando ai bambini ed agli anziani, alle persone, incrociando i loro occhi, stringendo le loro deboli mani, sostenendo le loro fragili gambe, pensando che dietro ogni famiglia ci sono mutui e bollette da pagare, figli da far studiare. Riscriverla pensando ai pulmini, pensando alla libertà di chi oggi libero non è.
Riscriverla, tenendo presente che l’Abruzzo non è fatto dai quattro capoluoghi di provincia, ma è fatto da una miriade di comunità locali e, soprattutto, dalle persone (occhi, mani, gambe, mutui, bollette, figli, pulmini…) che le animano.”
E anche il capogruppo del PD al Comune, Gabriella Liberatore, fa sentire la sua voce “Un orticello grande più di 500 ettari: questo il patrimonio attuale , frutto del lascito del benefattore Domenico Ricciconti, dell’Ente che porta il suo nome!  Sono convinta che sia necessaria una nuova legislazione, tra l’altro  se ne discute da anni nella nostra Regione, ma il testo proposto non è, soprattutto nelle “modalità” con le quali si intende procedere, assolutamente condivisibile.  Ci si dirà che il nostro è il solito atteggiamento pregiudiziale, finanche logica degli orticelli…ma è proprio su quest’ultimo aspetto che voglio porre l’accento: a quel che ha tutto il sapore di una requisizione, io contrappongo con forza la difesa di un patrimonio, non solo materiale, ma di esperienza, di attenzione ai bisogni dei più deboli ,dell’Ente “Ricciconti”, che da più di sessant’anni  costituisce un vero e proprio  presidio sociale sul territorio atriano! Pensato e voluto dal benefattore come  strumento della città per la difesa ed il sostentamento delle orfanelle , è oggi un Ente Morale  che eroga servizi in favore dei  minori e dei disabili ,con rara  competenza e amore  di consiglieri  di amministrazione  che, senza alcun compenso,  hanno, tra le numerose iniziative, dato vita alla prima struttura rurale in Abruzzo in cui offerta didattica e agricoltura sociale si fondono in un progetto integrato. È il lavoro della comunità atriana, attraverso i suoi uomini e le sue donne, è l’orgoglio della comunità atriana ! Mi si dica pure che la  mia è una logica da orticello, l’accetto volentieri, ma non starò ferma  ad assistere ad una spoliazione silenziosa della nostra Città e credo che su questo argomento il Consiglio Comunale tutto debba porsi   con la stessa unanimità manifestatasi per la difesa del presidio ospedaliero .”
Questa storia andrà avanti sicuramente per un bel po’, perché le IPAB sono importantissime sul nostro territorio, speriamo che venga risolta nel consenso e buonsenso generale e senza decisioni che rovinino queste realtà della nostra comunità". Roberto Marchione