Tre ore per accusare il complice e domani funerali blindati

ALBA ADRIATICA – E’ durato tre ore il faccia a faccia con il gip di Teramo Marina Tommolini, per Danilo Levakovich e Sante Spinelli, i due zingari accusati, assieme al latitante Elvis Levakovic, dell’omicidio di Emanuele Fadani, il commerciante 37enne ammazzato di botte nella rissa all’esterno di un pub nella notte su martedì ad Alba Adriatica. Assistiti da loro difensore, l’avvocato Piergiuseppe Sgura, Hanno parlato, hanno chiarito la loro posizione e per farlo hanno fatto ricorso al video di una telecamera di sorveglianza della filiale della Banca davanti alla quale si è consumato il delitto. Immagini abbastanza nitide da permettere di ricostruire parzialmente la dinamica di quei tragici momenti, in cui tre pugni violenti in faccia hanno stroncato la vita di un giovane padre. Dalle maglie dell’inchiesta non trapela nulla sui contenuti dell’interrogatorio di garanzia svoltosi oggi pomeriggio in carcere, luogo dove è stato spostato dall’originario, il tribunale, per motivi di sicurezza. E’ però chiaro che i due zingari, che sin dall’inizio «hanno capito di averla fatta grossa», come ricordava ieri il comandante della compagnia carabinieri di Alba Adriatica, Pompeo Quagliozzi, hanno mantenuto un atteggiamento coerente, scaricando la responsabilità dell’assassinio sull’amico e cugino uccel di bosco. A tal punto coerenti che, pur ricordando la conoscenza, anche approfondita, con la vittima e pronunciando il proprio sconforto per la tragedia, non hanno avuto una parola di pentimento per l’accaduto. Della serie: noi non c’entriamo con il delitto, non lo abbiamo colpito noi, di cosa pentirci? Piuttosto. i giovani nomadi accusati di concorso in omicidio aggravato dai futili motivi sarebbero apparsi preoccupati per quello che sta accadendo fuori del carcere, ad Alba Adriatica, dove ancora oggi si registrano pellegrinaggi sul luogo del delitto. Nel pomeriggio una delegazione di Forza Nuova, una ventina di persone, proveniente anche da fuori regione, ha visitato dapprima il luogo dove ad agosto è stato ammazzato Antonio De Meo, nella vicina Martinsicuro, e poi quello della tragedia dell’altroieri. Gli zingari, prima di tornare nelle rispettive celle del carcere di Castrogno, hanno anche confermato di aver bevuto un pò più del normale e che non c’erano particolari motivi di rancore con la vittima. La scazzottata è scoppiata per strada, il litigio a parole dentro il pub. Domani è il giorno del lutto cittadino, dei funerali: quelle nella chiesa di Sant’Eufemia, di fronte alla sede del Comune di Alba, saranno esequie blindate, con nutrita cornice di reparti mobili della polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Nel giro di appena duecento metri, lì, ci saranno lo Stato, il quartiere degli zingari e la bara di un padre di 37 anni ucciso di botte.