Venturoni: «Su Sant’Omero sinistra in confusione»

TERAMO – "La sanità è materia particolarmente complessa e prima di avventurarsi in valutazioni su argomenti che non si conoscono, bisognerebbe quantomeno documentarsi. Se poi ci si lascia condizionare dal clima elettorale, si rischia di dire solo sciocchezze come sta
accadendo ad alcuni esponenti del centrosinista. Sulla questione relativa all’ospedale di Sant’Omero, l’assessore alla Sanità, Lanfranco Venturoni chiarisce che "non ci si prepara
affatto ad una svendita della struttura ad imprenditori privati". "Al momento – ha spiegato – c’è solo l’ipotesi di costituire una società mista pubblico-privata. Proposta che ho già esposto al Ministero della Salute ed alla Agenas ed attorno alla quale si è registrato un certo consenso. Ma per ora resta solo un’ipotesi, nulla di più. L’assessore Venturoni fa notare, tra l’altro, come questo sistema misto già  funzioni al meglio in diverse altre Regioni, alcune delle quali amministrate proprio dal centrosinistra come l’Emilia Romagna. Non si capisce perchè – ha aggiunto – quando è, invece, il centrodestra a prospettare soluzioni del genere, viene accusato di favorire interessi privati. Oltretutto, nel caso di Sant’Omero, in una provincia dove il privato non è presente nel campo della sanità, l’eventuale partecipazione privata nella gestione della
struttura resterebbe, in ogni caso, minoritaria. Ma al momento, non c’è ancora nulla di definito e, a tal proposito, si sta elaborando una bozza tecnico-progettuale su cui confrontarsi con
gli amministratori del territorio per valutare insieme la fattibilità dell’ipotesi". "Prima di allora – ha sottolineato Venturoni – ogni discorso appare prematuro. Piuttosto, l’allarmismo di diversi esponenti della sinistra in questa vicenda mi induce a sospettare che siano proprio loro a voler proteggere gli interessi di qualche imprenditore della sanità privata che si trova al di là del
Tronto e che trae vantaggio dal continuare a mantenere  l’ospedale di Sant’Omero in una situazione di scarsa funzionalità. Non è un caso che alcuni dei soci di quegli imprenditori siano
abruzzesi e non sono certo amici miei". Quanto ai sub commissari, “Rossini si è dimesso solo per motivi economici, legati al compenso che il Governo aveva connesso al suo impegno in Abruzzo, e non certo politici". Venturoni intende sgombrare il campo da qualsiasi dubbio: "Sul conto della dottoressa Baraldi, invece, posso dire che sta operando con estrema scrupolosità nel fissare i tetti di spesa per i privati, principalmente in base a due criteri: il fabbisogno reale di assistenza dei cittadini abruzzesi e l’appropriatezza delle prestazioni senza sconti per nessuno  – sottolinea -, dal momento che la legge è uguale per tutti". Sul caso "Villa Pini" l’assessore definisce "chiaro e lineare l’atteggiamento tenuto finora dal governo regionale. La
sinistra, in Consiglio regionale, aveva addirittura chiesto la revoca immediata dell’accreditamento. Invece, aver previsto la sospensione per tre mesi dell’accreditamento attraverso una nostra legge regionale che, addirittura nella Puglia di Vendola, stanno prendendo a modello per i casi di mancato pagamento dei dipendenti di strutture sanitarie convenzionate con privati, conferma la validità del nostro operato". La logica dei tre mesi di sospensione, a giudizio dell’assessore, è quella di dare tempo alle Asl di trasferire i pazienti e cercare di ricollocare i dipendenti. "Tuttavia, sindacati e sinistra ci hanno chiesto, subito dopo, di revocare la sospensione dell’accreditamento – ricorda l’assessore – e per ogni giorno che trascorreva sembrava chissà quali interessi e quali misteri ci fossero dietro l’atteggiamento del Governo regionale. In realtà, dopo il fallimento della struttura e l’autorizzazione del giudice alla ripresa dell’attività, il Commissario ad acta Chiodi ha discusso con il Governo la possibilità del riaccreditamento, seppur parziale, tenendo  sempre presente fabbisogno e tetti di spesa". Martedì prossimo è previsto un incontro con il curatore fallimentare per discutere dell’argomento. In relazione, invece, alle altre strutture non oggetto del fallimento, "con il Governo è stato chiarito che in nessun modo le Asl possono pagare i dipendenti. Pertanto – conclude Venturoni – abbiamo richiesto, d’accordo con i sindacati, un tavolo tecnico con i
prefetti delle quattro province, per valutare la possibilità del sequestro di queste strutture e permettere ai lavoratori che svolgono ancora l’attività, e quindi non sono in cassa integrazione, di essere pagati per il lavoro svolto".