TERAMO – Potrebbe essere sempre più un delitto firmato da ‘compagni di merende’. Protagonisti di un mondo degenere, ai margini della società, impegnati quotidianamente a pensare come sbarcare il lunario: sarebbe questo l’identikit dei complici di Romano Bisceglia, il 53enne teramano arrestato perchè ritenuto uno degli assassini di Adele Mazza. Ieri i carabinieri del reparto operativo hanno spinto sull’acceleratore delle indagini, con altre perquisizioni, altre audizioni, altre verifiche di alibi e contatti. I militari hanno letto e riletto alcuni passaggi chiave delle dichiarazioni di almeno tre testimoni, le cui dichiarazioni sono state fondamentali per ‘attaccare’ ai movimenti di Bisceglia quella prova, finora decisiva, della macchia di sangue sul secchio che conteneva un braccio della vittima. Ebbene, uno di questi testimoni avrebbe visto proprio l’uomo arrestato in compagnia di due ‘soliti’ frequentatori ma anche di un altro che poche altre volte è stato visto incrociarsi con lui, un artigiano del posto. E tra questi ci sarebbe colui il quale avrebbe sezionato il cadavere della povera Adele. Per gli investigatori non sarebbe stato un incontro casuale: quella birra al bar nel giorno di Pasquetta era un’occasione per parlare, magari concordare qualcosa da fare oppure, moito cinicamente, la conclusione di un qualcosa che era già stato fatto. La difesa respinge con decisione questo passaggio dell’inchiesta, sottolinea la quasi nulla attendibilità delle versioni rese dai testimoni, parla di un solo conoscente, e non di tre, visto in sua compagnia e ribadisce che Bisceglia per il giorno in cui sarebbe stato fissato il delitto, avrebbe un ottimo alibi.
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