Poli scolastici e nuovo teatro nel mirino dei Per Davvero

TERAMO – La bufera delle inchieste giudiziarie offre lo spunto ai Per Davvero per interrogarsi su alcune questioni poltico-amministrative che prendono forma in un più ampio dibattito sulla trasparenza legato al recupero del Teatro romano, alla nascita dei poli scolastici e del nuovo Teatro. Per quanto riguarda l’anfiteatro, i Per Davvero sostengono che da tempo si riversano milioni di euro al fine del pieno recupero, ma poi, dopo l’acquisto degli immobili finalizzato allo smantellamento, svanisca tutto per trasformarsi in un “pozzo di San Patrizio”, in cui , secondo l’associazione “pescano tutti”: proprietari degli immobili, imprese private e tecnici con le loro parcelle. “Ultima dimostrazione della vanificazione del fine iniziale – si legge in una nota – è l’impegno di spesa di 1milione e 600mila euro per i lavori di manutenzione ordinaria, quando tale somma era stata inizialmente impegnata dalla Regione per continuare l’opera di abbattimento degli edifici sovrastanti il teatro, che invece adesso si stanno ricostruendo. A vantaggio di chi?”. I Per Davvero spostano poi l’attenzione sui poli scolastici, definiti come un’operazione che dietro il “pretesto della messa in sicurezza” sarebbe destinata a cedere a privati aree ed edifici di pregio del centro storico, in cambio di nuovi plessi scolastici su aree del lungofiume “a rischio inondazione”. Ma nel mirino dell’associazione finisce anche la costruzione del nuovo Teatro. “Si vuole fare passare ad ogni costo il progetto, che prevede l’abbattimento del vecchio campo sportivo, che nell’operazione presenta molti aspetti poco chiari e tali da far emergere il sospetto che si voglia favorire solo l’imprenditore privato e non l’interesse pubblico. E non si è presa in considerazione l’ipotesi di una ristrutturazione dell’attuale Cine Teatro Comunale, o di una sua permuta, forse perché come operazione finanziaria non risulterebbe altrettanto appetibile a imprese private. Non sono state prese nemmeno in considerazione le 5.000 firme raccolte per la richiesta di un referendum popolare. Prima è stata accampata la scusa della mancanza di un regolamento, poi ne è stato architettato e approvato uno che di fatto non rende più possibile nessun referendum, dando la chiara impressione che ciò che si voleva era soltanto vanificare ogni opposizione ad un progetto ostinatamente perseguito, che, come accade spesso, vede coincidere il proponente con l’appaltante, come se il project fosse stato pensato come un abito su misura. Anche qui i per Davvero domandano “quanto e chi è che ci guadagna” Infine il sarcasmo: “Attendiamo anche noi con fiducia che la magistratura faccia il suo corso, ma di certe scelte politiche non ne possiamo proprio più”.