Venturoni, "grimaldello" giudiziario per la giunta Chiodi

TERAMO – Il tribunale del riesame dell’Aquila ha respinto il ricorso presentato dagli avvocati Lino Nisii e Guglielmo Marconi contro la decisione di applicare l’obbligo di dimora nei confronti dell’assessore regionale alla sanità Lanfranco Venturoni nell’ambito dell’inchiesta denominata Rifiutopoli. Una decisione che, si ritiene, a questo punto costringerà Venturoni a dimettersi dall’esecutivo regionale. Ed è proprio la ‘costrizione’ dettata dal provvedimento che getta sulla vicenda una interpretazione che per alcuni sa di imposizione. Imposizione giudiziaria sulla condotta politica da adottare. Laddove non è riuscita l’indagine, cioè, con teoremi accusatori ancora tutti da dimostrare nonostante anni di indagine, intercettazioni e pagine e pagine di interpretazioni, con un provvedimento di arresti domiciliari poi revocato, si impedisce qualsivoglia prosecuzione dell’attività amministrativa in un settore diverso di quello per cui si indaga con un obbligo di dimora, arcaico dispositivo di coercizione personale. Addirittura, il tribunale del riesame nella sua motivazione di rigetto del ricorso, sostiene che Venturoni «è stato il grimaldello ideale ed indispensabile per superare ogni ostacolo rappresentato dal sistema di controlli posti a tutela dell’interesse pubblico». Ad accusare l’assessore, dicono i giudici del riesame, ci sono le intercettazioni telefoniche, le dichiarazioni rese da due importanti soggetti, che conoscono i fatti riferiti per percezione diretta e dalle risultanze delle perquisizioni effettuate. «La riconosciuta e non contestata sussistenza di significativi indizi in ordine alle descritte condotte illecite del Venturoni, porta con sè a mò di incontrovertibile corollario, l’avvenuto asservimento delle sue prerogative di natura pubblica ad interessi esclusivamente privatistici ed il conseguente sviamento dell’azione della pubblica amministrazione dal perseguimento del bene comune». Il presidente Grieco rincara la dose, nelle tre pagine della motivazione: «E’ assolutamente legittimo, necessario e corretto confermare la misura cautelare adottata. Perchè – insiste il presidente Grieco – «scongiurare il pericolo che l’azione delittuosa sinora posta in essere possa essere portata a compimento costituisce interesse primario ed irrinunciabile della collettività abruzzese». Per il presidente del tribunale del riesame «deve necessariamente fermarsi la volontà dell’indagato di riprendere l’esercizio delle
sue funzioni pubbliche e attendere il successivo sviluppo processuale».