Cinque visite tra Sant'Egidio e Teramo accusano l'assessore

TERAMO – Cinque visite effettuate tra il marzo 2008 e lo scorso mese di ottobre, su un paziente con poblemi urologici che dichiara di aver versato cifre tra i 50 e gli 80 euro per un totale di 340, per sottoporsi a visite nel poliambulatorio di Sant’Egidio alla Vibrata e all’ospedale Mazzini: è questa l’accusa più consistente nei confronti di Corrado Robimarga, l’urologo e assessore all’Urbanistica che il gip di Teramo ha sospeso per due mesi dalle funzioni professionali. Nel voluminoso faldone d’inchiesta, gli inquirenti hanno rilevato cinque episodi di peculato, ma anche il concorso nella falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa – assieme al dirigente del settore C.M., anch’egli indagato – e falsità ideologica per aver alterato una cartella clinica. E’ su queste contestazioni che il gip Guendalina Buccella ha firmato il provvedimento di sospensione per due mesi, accogliendo le richieste del pubblico ministero Davide Rosati. A fine mese saranno i giudici del Riesame ad esprimersi sulla materia, sulla base del ricorso che l’avvocato Valentini dell’Aquila, difensore assieme al collega Menna di Teramo, dell’ex assessore. C’è da risolvere l’aspetto del coinvolgimento del dirigente dell’Urbanistica nell’inchiesta: l’assessore aveva, anche nel suo studio privato, modelli "giustificativi" del settore che utilizzava per motivare le assenze dal posto di lavoro. In mano alla difesa, in realtà, c’è già una vittoria sul piano giudiziario: la procura teramana aveva chiesto anche la contestazione di altri reati di falso, di truffa e abuso d’ufficio, questi ultimi legati tra di loro. L’accusa riteneva infatti di dover contestare all’urologo del Mazzini anche l’uso di una stanza al terzo piano del II lotto del Mazzini, che un dirigente Asl gli aveva assegnato ritenendo angusto lo spazio che Robimarga divideva con un collega nel reparto. Un uso esclusivo, dunque, di questo spazio. Che la Procura sospettava fosse utilizzato per altro, che non fosse attività pubblica del medico. Per dimostrarlo, gli inquirenti avrebbero anche utilizzato sofisticate tecniche di intercettazione per spiarne l’interno, che però il gip ha ritenuto di non dover accogliere tra le prove perchè utilizzate in un ambito che secondo sentenze di Cassazione, può ritenersi equivalente a una "privata dimora". Una querelle in punta di diritto che la difesa ha sfruttato per segnare un punto a favore: il gip ha infatti accolto questa proposizione per impedire che l’accusa potesse allungare i capi di accusa. E’ indubbio che la vicenda affiderà ai media e all’opinione pubblica cittadina e alla politica, argomenti a iosa per molte discussioni. Inutile, oggi, cercare una reazione da parte dell’assessore: le uniche parole pronunciate dalla notifica del provvedimento del gip sono state quelle scritte nell’annuncio delle dimissioni dall’esecutivo di Brucchi. Interpellato, ha gentilmente negato ogni richiesta di dichiarazioni sulla vicenda o sul proprio stato d’animo.