Melania uccisa poco dopo le 14. L'assassino è tornato un'altra volta per colpirla ancora

TERAMO – Il cadavere di Melania Rea ha "parlato", come nel più classico dei gialli. Mentre il gip del tribunale di Ascoli Piceno è chiamato a decidere sulla richiesta di arresto nei confronti di Salvatore Parolisi, presentata dalla procura ascolana, di cui si è saputo oggi, i risultati dell’autopsia sul Melania Rea svelano aspetti macabri e forse decisivi per le indagini.
Morta poco dopo le 14.
La giovane mamma è morta per anemia emorragica acuta, due ore dopo l’ultimo pasto. Le due ore possono diventare una soltanto se si considerano gli effetti della caffeina che la donna aveva ingerito (quindi aveva consumato un caffè prima di morire…). Il decesso potrebbe pertanto essere fissato attorno alle 14:15 o 14:20. Melania non aveva bevuto alcol e non aveva avuto rapporti sessuali. Eventuali rapporti di questa natura sarebbero stati, sempre secondo quanto emerge dall’autopsia, consenzienti.
Colpita con due armi diverse.
I colpi con cui è stata uccisa Melania Rea sono stati inferti con armi diverse: un coltello e un oggetto contundente. E’ quanto emerge dall’autopsia. I colpi inferti dopo la morte sarebbero quelli inflitti con un oggetto contundente, forse un punteruolo, e sarebbero stati portati al cadavere della donna diverso tempo dopo quelli che ne hanno provocato il decesso, addirittura più a ridosso del giorno in cui il cadavere è stato ritrovato, il 20 aprile.
L’assassino ha tentato di scannarla.
L’assassino di Melania Rea ha tentato di ‘scannarla’. E’ il termine usato nell’autopsia depositata mercoledì scorso dal medico legale Adriano Tagliabracci. L’omicida l’avrebbe aggredita da dietro cercando con un coltello di colpirla alla gola, ma il tentativo di fuga della donna l’ha costretto ad accanirsi su di lei quando Melania, caduta durante la fuga, era a terra, supina. Le coltellate l’hanno raggiunta al capo, al collo e al tronco.