Teatro Comunale, su Facebook un gruppo raccoglie proposte

TERAMO – Nuovo Teatro comunale, e se lo ricostruissimo com’era? Lo stop arrivato sul project financing ha riacceso il dibattito pubblico non solo sulla collocazione della nuova struttura, ma anche sul suo significato urbano e sulla cultura in generale. Privati cittadini si fanno promotori della riflessione e portano il loro contributo, anche su Facebook. Nel social network (www.facebook.com/groups/287115978008985) infatti è nato un gruppo che raccoglie al momento 420 membri, e che si propone di ospitare idee e proposte sul futuro teatro di Teramo. L’invito è preciso: “Noi lo vogliamo così”. Intanto emmelle.it ospita integralmente la proposta di un lettore che suggerisce un “falso storico”: perchè non ridisegnare fedelmente il Teatro Comunale ottocentesco?

"La recente informativa, trasmessa dalla Prefettura di Ascoli Piceno e relativa ad elementi ostativi alla stipula della convenzione con la società incaricata della realizzazione del nuovo Teatro Comunale di Teramo, ha improvvisamente riaperto il dibattito in Città sul come e sul dove intervenire per restituire alla collettività una struttura di cui tutti sentiamo il bisogno. Da come si apprende sulla stampa, una possibile alternativa sarebbe quella di procedere all’applicazione di un precedente progetto, redatto dall’allora Assessore Di Dalmazio, relativo al restyling integrale dell’edificio dell’attuale CineTeatro Comunale.

Mi permetto dunque anch’io, come privato, di intervenire nel dibattito e di avanzare una proposta. Nel momento in cui l’unica strada ad oggi concretamente percorribile sembrerebbe, per l’appunto, il recupero e la completa rimodulazione della struttura attualmente presente sul Corso San Giorgio, perché non intervenire proprio lì e anziché ristrutturare quel palazzo anonimo ed impattante… non lo ridisegnassimo per intero, ricostruendo una buona volta il nostro precedente bel Teatro Comunale ottocentesco?

Per qualcuno magari questa potrebbe rappresentare una provocazione. Può anche darsi. Ma sono più che convinto, anzi direi certo, che alla stragrande maggioranza dei teramani questa soluzione sarebbe quella più gradita.

La strada da percorrere dovrebbe anzitutto partire da due elementi di primaria importanza: liberare quanto prima i locali dell’Oviesse e separare, una volta per tutte, l’attività cinematografica da quella teatrale. Teramo vuole un Teatro, non un CineTeatro. Occorre necessariamente prendere le mosse da qui.

Saranno incalcolabili le obiezioni che verranno avanzate ad una ipotesi ricostruttiva: quelle architettoniche e quelle economiche, fra tutte. Veniamo alle prime.

Il concetto del “falso storico” e l’avversione per la ricostruzione stilistica (grande nemica del criterio della riconoscibilità degli interventi) saranno senz’altro i cavalli di battaglia che si potrebbero utilizzare per inficiare un tale progetto. Elementi tuttavia smentiti dalla storia delle realizzazioni architettoniche, in Italia e soprattutto all’estero.

Ripristinare ciò che c’era (e non ciò che non c’è mai stato) non significa creare un “falso storico” tout court: significa anzitutto ripristinare un’omogeneità, una coerenza, una visuale urbanistica che in passato è esistita e che successivi, sbagliati interventi di demolizione e riedificazione hanno alterato e compromesso. Se una ricostruzione stilistica o, come la denominano i benpensanti dell’architettura, un “falso storico” servisse per sanare una ferita urbanistica, io francamente non sono, non posso e non voglio essere contrario.

D’altro canto, signori, siamo obiettivi: di ricostruzioni stilistiche, i tanto vituperati “falsi storici”, è pieno il mondo. Il Teatro “La Fenice” di Venezia non è forse stato ricostruito interamente nel 2003, dopo l’incendio che lo ridusse ad un puro rudere? Sono o non sono stati ricostruiti ex novo, sulla base dei progetti originali, stucchi e dorature e affreschi? Quello non è un “falso storico”? Il Teatro Petruzzelli di Bari non è forse stato anch’esso ricostruito ex novo nel 2008, esattamente com’era, dopo che di esso era rimasta soltanto la struttura esterna? E, spostandoci all’estero, è o non è un “falso storico” buona parte della Cattedrale di Notre Dame a Parigi o il suo Hôtel de Ville (il Municipio) o, ancor più recente, la ricostruzione stilistica della Grille Royale all’ingresso del Palazzo di Versailles o, ancora, il Globe Theatre di Londra, interamente riedificato nel 1997? Possibile che altrove si può ricostruire, mentre soltanto qui la riproposizione di una struttura teatrale meravigliosa, come quella del nostro Mezucelli, debba creare scandalo e debba necessariamente soccombere dinanzi alle istanze di modernismo?

Nei secoli cambiano tecniche di costruzione e materiali. Gli stili, soprattutto se fanno parte del cuore e dell’anima di una Città, possono essere riproposti. Ricostruiamo il nostro vecchio Teatro Comunale, magari con materiali innovativi ed innovative metodiche. Ampliamone magari la capienza, rispetto agli originari 608 posti (realizzando, ad esempio, uno o due nuovi ordini di palchi), ma lasciamo inalterati gli stili. Non è una bestemmia.

L’aspetto economico è quello che maggiormente determinerà resistenze. Ma le stesse resistenze le incontrò, a suo tempo, il progetto del Mezucelli (resistenze alle quali fu poi ovviato prevedendo finanziamenti derivanti da fondi concessi dallo Stato, fondi propri dell’Amministrazione Comunale e proventi ricavati dalla vendita o dalla concessione temporanea dei palchi ai privati). Si potrebbero coinvolgere nuovi privati, si potrebbero dirottare i fondi (municipali o della Fondazione Tercas) originariamente destinati al restyling dell’attuale edificio sul Corso San Giorgio. Ma l’idea di fondo, l’obiettivo finale dovrebbero rimanere fermi. Le strade e i mezzi, se si vuole, si trovano. È la buona volontà, coniugata all’amore per questa Città, che non deve mancare.

Non è peregrino immaginare che in un prossimo futuro potrebbero costituirsi comitati spontanei di cittadini che intendano, come me, sposare questa idea. Anche questo, in fondo, è un segnale di affetto per il nostro territorio.

Pensiamoci tutti, possibilmente senza preconcetti, a questa idea. Oltre a riavere un gioiello architettonico ed un gran bel Teatro Comunale, per Teramo sarebbe l’occasione per sanare una volta per tutte una ferita, aperta nel 1959… e che fa ancora tanto male.

In fondo, se ci riflettiamo, è davvero così tanto sbagliata e assurda come idea? Almeno parliamone, prima di rispondere".

Fabrizio Primoli