Bancarotta da 3 milioni: interrogati Di Pietro e Curti

TERAMO – Hanno chiesto di essere sentiti in carcere Maurizio Di Pietro e Guido Curti, amministratori di fatto di alcune società fallite e accusati di aver distratto oltre 3 milioni di euro, parte dei quali utilizzati per investimenti all’estero, compreso l’acquisto di quote in società a Cipro. Il faccia a faccia, questa mattina, con il gip Marina Tommolini e il pm Irene Scordamaglia, si è svolto alla presenza del consulente della Procura, Igor Catania, e il comandante del nucleo investigativo della Finanza che ha condotto le indagini sulla bancarotta. Nel corso dell’interrogatorio, durato dalle 9.30 alle 14, Maurizio Di Pietro e Guido Curti hanno ribadito di non aver responsabilità nei reati contestati ma soprattutto hanno dato ampie indicazioni sul coinvolgimento di altri personaggi nella gestione degli investimenti all’estero. Era l’argomento che la pubblica accusa e il gip volevano approfondire: chi ha organizzato l’ingresso in società con sede a Cipro, chi ha gestito il passaggio di denaro sui conti correnti all’estero, in particolare a Lugano in Svizzera. Precisi i riferimenti, precisi, sembra, anche i nomi e cognomi fatti dai due imprenditori. Adesso, se ciò che hanno riferito i due costituiscano fatti penaimente rilevanti, dovrà accertarlo la procura attraverso nuove e ulteriori indagini della Finanza. Nel corso dello stesso interrrogatorio, Di Pietro e Curti hanno in ogni caso scagionato Nicolino Di Pietro, fratello di Maurizio, anche lui in carcere dallo scorso 27 gennaio, dichiarando che è estraneo a qualsiasi coinvolgimento nelle vicende societarie. Non è escluso che nei prossimi giorni il legale difensore dei tre, Cataldo Mariano, presenti una nuova richiesta di revoca delle misure cautelari nei loro confronti.