Crac della Malavolta corporate da 100 milioni di euro, 14 indagati

ROMA – Quattordici persone indagate dalla Procura di Roma per bancarotta fraudolenta distrattiva di 16 società del gruppo Malavolta Corporate, appartenente alla famiglia omonima. E’ la clamorosa notizia che ha scosso questa mattina gli ambienti ecomomico-finanziari della capitale e che è rimbalzata in un baleno anche a Teramo dove la famiglia del patron Aristide Romano vive e dove è ancora fresca l’eco della scomparsa del terzogenito Romano jr, celebrato proprio domenica scorsa allo stadio di Piano d’Accio per i suoi trascorsi di presidente del Teramo calcio. Come annuncia una nota della Guardia di Finanza, il comando provinciale della Fiamme Gialle di Roma ha sequestrato sette società del gruppo leader nella produzione di surgelati, per un valore complessivo di 23 milioni di euro. Il valore dei beni distratti fraudolentemente dalla casse delle società fallite ammonta ad oltre 64,5 milioni di euro, mentre il passivo fallimentare accertato è di circa 100 milioni, di cui oltre 10,5 milioni verso l’erario.

L’indagine. L’indagine è stata condotta dal Dipartimento reati contro l’economia della Procura della Repubblica di Roma. Tra i quattordici indagati ci sono il capostipite Aristide Romano e i figli Mario e Andrea, oltre a due noti professionisti romani, i commercialisti Maurizio Barra e Francesco Minnetti, anch’essi indagati per concorso in bancarotta. Secondo quanto recita il comunicato stampa del Comando provinciale della Finanza di Roma, tra le altre ipotesi di reato contestate dall’Autorità giudiziaria c’è anche quella di riciclaggio, ascritta in capo alla moglie del primogenito della famiglia Malavolta, Mario: «a lei sono state intestate, quale compenso liberatorio della preordinata separazione legale, le quote di una società immobiliare (la "cassaforte di famiglia", anch’essa sottoposta a sequestro) destinata a custodire parte del patrimonio di famiglia, tra cui un appartamento di pregio a Cortina D’Ampezzo.

Tutto nasce nel 2008. Il lavoro dei militari del Nucleo di Polizia Tributaria Roma, è partito nel 2008 dal fallimento della capogruppo della holding di gestione e finanza riconducibile ai fratelli Malavolta, a capo dell’omonimo gruppo, leader nazionale nella produzione e distribuzione di prodotti da forno surgelati per conto terzi (tra cui i noti marchi Findus, Algida, Centrale del Latte di Roma, Carte d’Or, Tonini, Nestlé, Bistefani). Gruppo cui facevano capo, fino al luglio 2007, direttamente o indirettamente, più di 30 società commerciali il cui fatturato consolidato annuo ammontava a circa 300 milioni di euro, con circa 1.000 dipendenti (più l’indotto) e con stabilimenti sparsi in tutta Italia (soprattutto Lazio, a Sant’Atto, Giulianova e Roseto, Marche e Friuli Venezia Giulia).

I meccanismi. Le indagini hanno consentito di appurare che, attraverso operazioni di riorganizzazione societaria, alienazioni di partecipazioni, cessioni di beni mobili ed immobili, pianificate ad hoc con la collaborazione di due commercialisti capitolini la capogruppo, poco prima del fallimento, è stata "spogliata" di tutte le importanti e redditizie partecipazioni di cui deteneva il controllo, così arrecando un danno ai creditori, tra cui il Fisco. Ben 15 sono le società del gruppo che, successivamente, sono state deliberatamente avviate al fallimento, dopo essere state anch’esse spogliate dei rami d’azienda attivi (beni strumentali, crediti, contratti in corso, dipendenti ecc.) a beneficio di società di nuova costituzione, controllate da una nuova holding di famiglia, riconducibile, tramite l’interposizione di società fiduciarie, sempre agli stessi indagati. Tra quest’ultime, le sette società sottoposte a sequestro dal Nucleo di Polizia Tributaria di Roma che, avendo beneficiato dei beni sottratti alle fallite, hanno potuto proseguire le attività imprenditoriali senza debiti pregressi, rimasti in capo alle società decotte del gruppo.