Autoporto di Roseto, la Cna: «Un monumento agli sprechi»

TERAMO – Quasi due milioni di euro, che forse diventeranno oltre cinque milioni che pesano più di un macigno per i 22 imprenditori coinvolti nella vicenda dell’Area Artigianale adiacente l’Autoporto di Roseto degli Abruzzi. Si rischia di porre la parola fine, una pietra tombale ad un’area produttiva, quella adiacente l’Autoporto di Roseto, che doveva essere fiore all’occhiello dell’imprenditorialità e della produttività del Comune, e si ritrasformerà definitivamente in terreno arido, se non si trovano ancore di salvezza. Un’area carica di propositi, un Autoporto annesso costato “13 miliardi di vecchie lire” , collaudato nel 2001, privo di servizi appropriati e mai entrato a regime. Diventato un’autentico monumento agli sprechi della Regione Abruzzo. Nell’Ottobre 2004, all’incontro con le Imprese assegnatarie dei lotti, l’allora l’Amministrazione proclamava a gran voce di aver rimosso tutti gli ostacoli che si frapponevano tra i proprietari dei terreni e le ditte assegnatarie, invitandole ad iniziare i lavori della costruzione dei Capannoni. Risultato: 5 milioni di euro che pesano, oggi, più di un macigno per i 22 imprenditori coinvolti nella vicenda. “Gli imprenditori non possono accettare, e noi con loro,- commenta il direttore Cna Lanciotti – la somma spropositata pari alla differenza tra il prezzo fissato all’epoca dell’acquisto dei terreni e quello fissato ora dal CTU dell’Aquila…qualcosa come un aumento di più del 300% rispetto all’origine. Non possono e non lo faranno, perché hanno tutte le intenzioni di fare ricorso al Tar. Non solo – prosegue Lanciotti – il Comune di Roseto degli Abruzzi ha il dovere di impugnare la sentenza in Cassazione e manifestare la chiara volontà politica di sospendere i pagamenti della somma debitoria agli Imprenditori coinvolti. Ha l’assoluto dovere di adoperarsi in tal senso, visto che già nel 2004, anno dell’esproprio, gli ex proprietari dei terreni ricorsero al TAR ed al Consiglio di Stato per l’iniqua tariffa concordare al metro quadro, non trovando nell’Amministrazione dell’epoca ed in quelle successive, opportunità di accordo, accordo che i proprietari espropriati erano forse disposti a discutere e che avrebbe evitato il disastro inutile venutosi a creare oggi”.“Sia chiaro – evidenzia Lanciotti – gli imprenditori non potranno far fronte alla spesa, ma la beffa investirà loro e con loro tutti i 200 addetti occupati”.