Cinquecento euro per uscire dal carcere con un contratto finto

TERAMO – Fino a ieri si aveva notizia di "mazzette" versate per fingere un contratto di lavoro e ottenere così un permesso di soggiorno. Mai si era arrivati a pagare per avere un lasciapassare per la semilibertà dal carcere, dopo una condanna. E’ quanto hanno scoperto i carabinieri della stazione di Sant’Egidio alla Vibrata, nell’indagine coordinata dal sostituto procuratore Stefano Giovagnoni, che hanno smascherato e bloccato le pratiche per l’uscita dal carcere di Castrogno di cinque detenuti e di un sesto ai domiciliari, attraverso il ricorso a dei contratti fittizi di lavoro in aziende della Val Vibrata. Si tratta di un nordafricano e di cinque zingari, tra i quali due donne e una di queste ai domicliari: sulla carta avrebbero svolto mansioni di muratori oppure di operai in una ditta tessile di Sant’Egidio (la rom ai domicliari invece faceva la badante di un’anziana che vive con il sussidio del Comune e dunque non in grado di permettersi lo stipendio dell’assistente). C.A., 32 anni e C.A. (60), rispettivamente titolari di un’imprea edile e di una fabbrica tessile, aveva presentato richiesta al tribunale di sorveglianza perchè autorizzasse all’uscità diurna dal carcere dei detenuti da impegnare in attività lavorativa. di fatto inesistente. In questa vicenda c’è il contributo anche di un professionista santigiedese, un commercialista che preparava le pratiche: tutti e tre dovranno rispondere di false dichiarazioni in atti all’autorità giudiziaria; l’indagine ha anche accertato che almeno uno dei sei detenuti ha versato la somma di 500 euro per ottenere quella "agognata" richiesta al tribunale di sorveglianza. Uno dei due imprenditori deve rispondere anche di procurata evasione per il caso della zingara ai domiciliari assunta come badante per la madre anziana e indigente (la rom è stata denunciata per evasione dai domiciliari).