Riordino, i sindaci toccano con mano la sepoltura del decreto

TERAMO – La battaglia è vinta. Se stanotte c’era ancora l’incertezza che il decreto legge sul riordino delle province potesse avere un altro anelito di vita in mattinata, la riunione dei capigruppo politici del Senato alle 13 ha messo una pietra tombale sul “pastrocchio all’italiana" come lo continua a definire il sindaco di Teramo, Brucchi. Che stamattina, come aveva anticipato, è stato a Roma assieme agli altri 35 sindaci italiani che hanno raccolto l’appello ad esserci per salvare i propri capoluoghi dalla scomparsa. Brucchi era accompagnato anche da alcuni primi cittadini della zona (c’erano i sindaci di Roseto, Tortoreto, Morro d’Oro, Martinsicuro, Canzano, Sant’Egidio e il vicesindaco di Campli). «Sono soddisfatto dell’esito – ha detto Brucchi -. I capigruppo hanno deciso che non si discuterà del decreto legge perchè non è iscritto all’ordine del giorno del Senato». Capitolo chiuso, dunque: resta solo da votare un emendamento nella legge di stabilità che proroghi gli effetti del "Salva Italia" fino al 2014 e che permetta, in sintesi, di reperire i fondi per le spese del mancato riordino. «Siamo stati ricevuti dal senatore Paolo Tancredi, quale relatore della legge di stabilità, che ha dato una grossa mano non solo al nostro territorio ma anche ad altri territori del Paese. A lui e ai senatori del Pd, Bianco e La Torre (relatore proprio del decreto sul riordino) abbiamo consegnato un documento in cui ci diciamo favorevoli all’abolizione di tutte le province, con una seria riorganizzazione del sistema degli enti locali a partire dai comuni fino allo stato centrale, ma facendo una cosa seria. Era e rimane un ‘pastrocchio all’italiana’ quello che era stto previsto – aggiunge Brucchi – con l’aggravante che nelle ultime ore gli emendamenti avrebbero salvato altre 6 province, lasciandoci tra le 29 che scomparivano, creando altre, ulteriori disparità a discapito di territori come Teramo che hanno una storia, una cultura, una tradizione, posti di lavoro che non possono scomparire». Brucchi non lascia da parte la sottolineatura contro «quei partiti che un giorno non potranno dire ‘io c’ero’: ho combattuto questa battaglia dall’inizio, a volte da solo a volte con pochi altri, senza trovare la sponda di alcune forze politiche locali e regionali che hanno invece remato a favore di questo decreto. E quando qualcuno di loro lo ha fatto di apprezzare la nostra battaglia, è stato fortemente criticato se non ‘cacciato’ dal partito».