Tercas, quasi evitata la liquidazione. Ultimo ostacolo: un prestito da 600 milioni

TERAMO – La Tercas ha rischiato di scomparire, di essere bollata come banca messa in liquidazione coatta. Bankitalia aveva preso questa decisione sulla base del grave stato di salute dei conti dell’Istituto di corso San Giorgio, che ha un patrimonio netto con una cifra, 150 milioni, preceduta dal segno negativo. Ecco dunque che l’operazione popolare di Bari e l’eventuale rischio di identità territoriale somno diventati il ‘male minore’. Ma la parola fine, al calvario degli ultimi due anni della banca teramana, ex più forte d’Abruxzzo, non è stata ancora scritta. E’ stato lo stesso Governatore Gianni Chiodi, questa mattina, a raccomandare la calma su una questione molto delicata: «Stiamo lavorando perchè la Tercas sia salva e stiamo mettendo tutti i tasselli, uno alla volta, al proprio posto – ha detto il Governatore dell’Abruzzo -. Ci sono tutte le premesse, anche se però gli incidenti, come dire, i sassolini possono esserci da un momento all’altro». Un sasso è rappresentato dalla decisione che la stessa Popolare di Bari deve prendere in ordine alla sostituzione nell’erogazione del prestito che Bankitalia, per conto della Banca Centrale Europea, alla Tercas: qualcosa come 6-700 milioni di euro che Bankitalia non può prorogare perchè si configurerebbe l’aiuto di Stato che è vietato. Popolare di Bari sarà disponibile ad accollarsi questo prestito?
Legnini: «La politica non può e non deve ingerire, ma vigilare». Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanni Legnini, «la crisi si è rivelata piu grave del previsto, abbiamo rischiato la liquidazione della banca: adesso c’è la soluzione dettata dalla Banca d’Italia, una soluzione che si può ritenere più o meno condivisibile ma questo è: adesso il territorio, la nosra regione, dovrà fare la sua parte chiedendo di far parte di questa compagine per fare sì che le banche, fuse tra di loro, restino autonome e mantengano un radicamenteo territoriale, in sostanza curino ancor più i riasparmiatori, le impreese e le famiglie che chedono credito». Alla domanda se la politica si è ricordata tardi di questa banca, Legnini non ha dubbi: «La politica è stata accusata in passato di ingerisrsi troppo nelle faccende delle banche, per aver rapporti non propriamente cristallini: adesso al contrario non si può accusare la politica di impicciarsi delle banche e non far abbastanza, le due cose non tengono. Noi – ha aggiunto Legnini -abbiamo seguito, costantemene sollecitato, esercitato quel poco di pressione che potevamo: poi tocca ai soggetti titolati a rappresentare il territorio, sono le Fondazioni bancarie e il mondo delle imprese».