Trovati senza vita i due militari dispersi sul Gran Sasso

L’AQUILA – Si è trasformata in tragedia una giornata libera da trascorrere immersi nella natura per due giovani alpini di stanza all’Aquila, partiti ieri da Campo Imperatore per un’escursione sul Corno Grande del Gran Sasso. Sono stati traditi dal loro amore per la montagna, tanto accogliente d’estate quanto insidiosa in questa stagione. Dopo averli cercati tutta la notte i soccorritori li hanno trovati senza vita questa mattina, scivolati sul terreno ghiacciato lungo la Via Normale che porta alla vetta. Avevano 26 e 29 anni Giovanni De Giorgi, originario di Galatina (Lecce) e Massimiliano Cassa, di Corato (Bari), entrambi caporalmaggiore al 9° reggimento Alpini dell’Aquila. 

I corpi non possono essere recuperati. E nel pomeriggio si è aggiunta l’angosciante impossibilità di recuperare i loro corpi: arduo per l’elicottero del 118 avvicinarsi alla zona a causa di spesse nubi e forte vento. Tra domani e dopodomani si riproverà, condizioni meteo permettendo. Nel pomeriggio le squadre di soccorso, dopo aver assicurato i corpi in barelle ancorate al suolo e rilevato le coordinate del luogo, sono tornate a piedi alla base.

L’allarme da un commilitone. L’allarme era scattato ieri alle 22, quando un compagno, non vedendo tornare i due giovani, è andato a Campo Imperatore e ha trovato la loro auto. La Centrale Operativa della Forestale ha mandato sul posto gli esperti del Soccorso Alpino. Da subito alle operazioni, coordinate dalla Prefettura dell’Aquila, hanno partecipato anche Cnsas (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico), Guardia di Finanza e Vigili del fuoco. Fin dai primi momenti presente il comandante della caserma Alpini dell’Aquila. Verso le 2:30 sulla Via Normale i soccorritori hanno trovato le chiavi dell’auto e alcune impronte. Hanno quindi diretto le ricerche su località Conca degli Invalidi – Vallone dei Ginepri.

Trovati nella Conca degli Invalidi. All’alba un elicottero della Forestale, decollato da Rieti, ha portato in quota le squadre di soccorso consentendo di individuare i corpi dei due alpini. Fatale per loro l’impatto con le rocce dopo un volo di oltre 300 metri. E’ molto probabile che i giovani, sorpresi dalla nebbia, siano scivolati su una lastra di ghiaccio. La via ‘Normale’ del Corno Grande, in primavera, nel periodo pre-invernale e invernale diventa insidiosa a causa del ghiaccio in quota che si cristallizza su un terreno di per sé roccioso. Parte da Campo Imperatore, a 2130 metri, e arriva fino alla vetta occidentale del Corno Grande, 2912 metri. Nel periodo pre-invernale l’abbigliamento richiesto comprende giacche pesanti, guanti, piccozze, ramponi e scarponi ramponabili.

Il medico del Cnsas del 118: «Fa male lasciarli lassù». «Quei ragazzi, noi soccorritori, non li avremmo voluti lasciare neanche la prima notte al buio e al freddo lassù, si figuri la seconda. È terribile averli trovati, e per questo aver tirato un sospiro di sollievo, e poi rendersi conto di non poterli recuperare subito. Fa male – ha dichiarato Gianluca Facchetti, medico del Cnsas che ha accertato il decesso dei due giovani -». In mattinata sono giunti all’Aquila dalla Puglia i famigliari dei giovani. «Erano due bravissimi ragazzi, orgogliosi della loro professione e di appartenere al corpo degli Alpini – racconta il tenente colonnello Pietro Piccirilli -. Erano esperti perché addestrati, non sappiamo cosa sia successo sul Gran Sasso dove erano andati in un momento libero dal servizio». Cordoglio è stato espresso da tutto il mondo alpino tramite Carlo Frutti, segretario del Comitato organizzatore dell’Adunata
Alpini L’Aquila 2015, e dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Claudio Graziano.

L’esperto: «Non sottovalutare le vie dell’Appennino abruzzese». «Le montagne abruzzesi spesso sono sottovalutate. Anche la via più facile può diventare fatale – commenta l’alpinista abruzzese Italo Fasciani che il 3 ottobre ha raggiunto la vetta himalayana del Cho Oyu (8.201 metri) e sul Corno Grande ha svolto parte dell’allenamento -. Uno scivolone sul ghiaccio su un pendio di 40 gradi fa prendere una tale velocità che è come saltare nel vuoto. Andare giù per 100 metri e scontrarsi con le rocce produce danni inevitabili».