Rosci: «Mi negano lo studio, restituisco carta d'identità e cittadinanza»

TERAMO – Restituirà la carta d’identità e chiederà al presidente della Repubblica di aver revocata la cittadinanza italiana perchè un potere dello Stato gli nega un diritto costituzionalmente riconosciuto, il diritto allo studio. A chiederlo non è un aspirante studente universitario qualsiasi, ma è Davide Rosci. Agli arresti domiciliari per scontare la condanna in appello a sei anni di reclusione per l’assalto al blindato dei carabinieri durante la giornata dell’indignazione a Roma nell’ottobre di due anni fa, Rosci aveva gioito all’iniziativa dell’università di Teramo di creare un polo universitario al carcere di Castrogno, riservato ai detenuti, grazie a una convenzione con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Rosci a richiesta di informazioni, ebbe risposta affermativa dalla responsabile del corso sulla possibilità di partecipazione anche ai detenuti in regime di arresti domiciliari come lui. «Iscrivendomi – scrive Davide – anche io avrei potuto usufruire di “tutte” le agevolazioni e quindi avrei potuto ultimare i miei studi iniziati anni addietro per conseguire la laurea Magistrale in Economia Bancaria. Inoltre, aspetto di non poca importanza, avrei potuto anche inoltrare la richiesta di frequentare le lezioni appellandomi al diritto allo studio che, come è noto, è costituzionalmente riconosciuto». Avrei, scrive Rosci. Sì perchè la Corte d’appello, quella che ‘gestisce’ la sua detenzione e tutto quello che attiene ai suoi permessi o richieste («quella delle assoluzioni del caso Cucchi», sottolinea il teramano leader di Azione Antifascista), ha rigettato l’istanza. Rosci non potrà frequentare quel corso di studi per detenuti. «E’’ veramente scandaloso – dice Rosci – che mi venga negato il diritto allo studio e questo lo è due volte di più se si pensa che l’articolo 21 della Costituzione recita a chiare lettere che la detenzione debba tendere al reinserimento del detenuto nella società. E quale miglior mezzo se non quello dello studio per raggiungere tale obbiettivo?». «Sono stato condannato per un reato datato 1930, non voglio più essere cittadino di uno Stato come il nostro che con i deboli si vendica in maniera spudorata mentre contro i forti lascia che i processi vadano in prescrizione, vedi i 3.000 morti del caso Eternit, o peggio ancora che si autoassolva come per l’omicidio Cucchi e il Terremoto dell’Aquila. Altro che la giustizia è uguale per tutti…».