Uno yacht va a fuoco e affonda a Tortoreto: 8 naufraghi salvati col 'banana boat'. Un soccorritore: «Erano tutti a prua mentre la barca bruciava» VIDEO E FOTO

TORTORETO – Uno yacht di circa 20 metri di lunghezza, battente bandiera maltese, il ‘Larissa’, con a bordo otto persone – tra i quali tre donne e due ragazzi -, tre dell’equipaggio turco con passaporto cipriota e cinque russi,ha preso fuoco a circa un miglio e mezzo al largo della costa teramana nel tratto antistante Tortoreto Lido e la foce del fiume Salinello. Erano le 17 quando è scattata la macchina dei soccorsi dopo il "mayday" lanciato dall’imbarcazione. Verso il natante si sono dirette le imbarcazioni nella zona, anche se molto distanti, mentre una alta e minacciosa colonna di fumo nero si è levata dall’imbarcazione, chiaramente visibile dalla costa. I primi a soccorrere gli ospiti dell’imbarcazione sono stati però un gruppo di bagnanti teramani dello chalet Antares di Tortoreto Lido, che stavano effettuando dei giri di intrattenimento con il "banana boat" trainato da un motoscafo: è stato grazie a questo gonfiabile che gli otto a bordo sono stati raggiunti sulla prua dello yacht e fatti salire a bordo, mentre il fuoco da poppa divorava il resto del lussuosoo natante. Sono arrivati a riva sani e salvi e rifocillati. Sul posto sono poi intervenuti tutti i mezzi della guardia costiera (avvertita dai volontari della Croce rossa che stavano effettuando lavori all’Ospizio marino di Giulianova e hanno avvistato l’alta colonna di fumo), i gommoni della Croce Rossa Italiana di Giulianova, un elicottero dei vigili del fuoco di Pescara che ha effettuato lanci d’acqua per spegnare dall’alto il rogo: alle 19, dopo quasi due ore di fiamme il Larissa è affondato. La zona dove c’è il relitto adesso è segnalata con le boe e panne di contenimento: sono in corso anche valutazioni sul destino del carburante del natante. Gli uomini della Capitaneria di porto di Giulianova, diretti dal comandante Pezzuto, hanno aperto un’inchiesta sull’accaduto.

Il racconto di uno dei soccorritori. Enzo Fratò, teramano, era assieme Danilo Di Francesco e a Giovanni Di Marino con i rispettivi figli sulla "banana", il gonfiabile trainato dal motoscafo per divertirsi in acqua. «Ho visto prima un fumo bianco levarsi all’orizzonte, che è diventato poi sempre più nero. Lo yacht bruciava e ho detto al conducente del motoscafo: ‘Andiamo a vedere non c’è nessuna barca vicino a loro, forse avranno bisogno di aiuto. Ho vinto la sua resistenza e siamo andati – ha detto Fratò -. Erano in otto e tutti a prua, con i giubbetti indosso. La barca bruciava a poppa, dove c’erano il tender e uno scooter d’acqua bruciati. Erano tutti spaventati ma calmi e soltanto dopo le nostre rassicurazioni si sono buttati in acqua: noi ci siamo spostati sul motoscafo e loro li abbiamo fatti accomodare sulla banana. Il comandante è stato l’ultimo a scendere in acqua, abbiamo fatto salire prima del tre donne e i due ragazzi; ci siamo allontanati dallo yacht proprio mentre abbiamo sentito due esplosioni, forse di serbatoi. Non c’era nessuna imbarcazione attorno, nessuno. Solo durante il nostro ritorno verso riva ci si è fatta incontro dapprima una piccola imbarcazione credo della guardia costiera con a bordo un ragazzo e un pescatore, poi altre piccole barche da pesca. Dei soccorsi nemmeno l’ombra. A riva li abbiamo fatti bere allo chalet Antares dove noi abbiamo gli ombrelloni: erano in costume e con i giubbetti, dalla barca erano riusciti a salvare solo un borsello con un cellulare e i passaporti, senza nemmeno un euro. Si sono messi in contatto con un loro amico che parlava italiano che si trova in Costa Azzurra per organizzare il loro rientro».