TERAMO – L’emergenza idrica decretata dal Sian della Asl e dalla Ruzzo Reti è finita stavolta sul tavolo della Procura di Teramo. Già ieri pomeriggio, appena ricevuta la nota con cui si vietava l’uso potabile dell’acqua, il procuratore capo Antonio Guerriero ha formato un pool di magistrati per avviare le attività di raccolta informazioni, in un fascicolo che ipotizza l’nquinamento ambientale e il disastro ambientale colposo. I sostituti procuratori Stefano Giovagnoni, Davide Rosati e Greta Aloisi hanno ascoltato ieri sera, nella sede del comando provinciale dei carabinieri, come persone informate sui fatti, il presidente della Ruzzo Reti, Forlini, rappresentanti della Asl e dell’Arta, per cristallizzare la situazione relativa all’allarme diffuso. E’ stato confermato che nei prelievi dell’8 maggio, in tre punti dello sbarramento destro e sinistro del Gran Sasso, gli esperti hanno rilevato non conformità del sapore e dell’odore, in base a verifiche ‘speditive’, dunqe non supportate da conforto analitico chimico. Le analisi sono state effettuate sui campioni prelevati all’indomani, cioè ieri 9 maggio, sia dall’Arta che dal laboratorio di Padova indicato dall’Istituto Superiore di Sanità (i cui riultati si conosceranno oggi). La magistratura ha chiesto l’acquisizione di tutta la documentazione di laboratorio per rispondere a una domanda specifica: su quale base si è ritenuto di dare l’allarme sulla non potabilità dell’acqua proveniente dal Gran Sasso e, se confermato, da dove proviene il contaminante? Secondo quanto accertato, soltanto nei giorni del 4 e del 5 maggio scorsi è stato segnalato un livello più alto di solventi, ma sempre nella norma. Proprio in coincidenza con i lavori di manitenzione effettuati all’interno del Traforo autostradale, in cui sono stati utilizzati vernici e solventi.
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