Nello sport italiano donne al top, ma la dirigenza è ancora quasi tutta al maschile

TERAMO – Nononstante le recenti Olimpiadi invernali coreane di PyeongChang abbiano colorato di rosa il medagliere italiano, con i sei titoli e mezzo (uno, quello della staffetta mista di Biathlon è misto) conquistati dalle atlete azzurre, nel nostro Paese la dirigenza sportiva delle Federazioni non è assolutamente donna. Emerge dal lavoro del gruppo di ricerca Gesport, in cui il ruolo di UniTe è di riferimento, assieme ai partner di quattro Paesi quali Gran Bretagna, Spagna, Turchia e Portogallo. La fotografia della ancora lontana parità di genere arriva dal primo step del progetto triennale finanziato con 320mila euro dal Programma Erasmus+ e dalla Ue, presentato ieri all’Università di Teramo dalla ricercatrice teramana della Facoltà di Scienze politiche, Tiziana Di Cimbrini assieme alle colleghe Charlotte Smith, inglese, alla portoghese Emilia Fernandes, alla alla turca Gonca Gungor Goksu e alla spagnola Luisa Esteban, coordinatrice del gruppo. In Italia, al cospetto delle altre cinque nazioni rappresentate nel progetto, non c’è un presidente donna in alcuna delle Federazioni sportive del Coni, che sono in totale 44 oltre ll Comitato Italiano paralimpico. Tanto per capire, davanti a noi ci sono gli altri Paesi come la Spagna, dove le donne guidano golf, canottaggio, salvataggio in acqua e vela, la Turchia (che pure ha tre presidenti di Federazione), il Portogallo con quelle di kickboxing e lotta thailandese. Discorso a parte merita la Gran Bretagna, che nelle sue 58 Federazioni, 11 sono a guida femminile tra le quali addirittura la boxe e la pesistica, oltre al baseball, pallamano e atletica. Come ha sottolineato il rettore Luciano D’Amico, la mission del progetto Gesport – che si propone di promuovere la presenza femminile negli organi direttivi federali nell’ambito del programma Erasmus+ Sport -, «l’inclusività predicata nella formazione dell’ateneo, riguarda anche quel settore dell’economia oltre che della società, come lo sport». Incentivare le responsabilità, oltre che la presenza delle donne, è mission di Gesport: «I primi risultati ci dicono che il Regno Unito è quello che si posiziona meglio con il 35 per cento di componenti femminili nei consigli, quindi ben lungi dal contare una effettiva parità». Le cifre parlano chiaro. l’Italia sotto questo aspetto non supera l’11,25% del totale dei dirigenti, davanti soltanto alla Turchia che non supera il 4%.