Ruffini scagionato nell'inchiesta sugli appalti aquilani: «La verità mi rincuora, resta il dolore»

TERAMO – "Il risalto mediatico che l’indagine ebbe sui media e l’irruzione dei carabinieri del Noe nella mia abitazione alle prime ore del mattino, restano fatti gravissimi, traumatici che hanno colpito irreparabilmente me e la mia famiglia. L’accertamento della verità da parte del dottor Picuti mi rincuora". Così in una nota l’ex capo della segreteria della presidenza della Giunta abruzzese Claudio Ruffini, in merito alla richiesta di archiviazione dei suoi confronti presentata dal pm della procura della repubblica dell’Aquila Fabio Picuti nell’ambito dell’inchiesta sull’appalto pubblico, bandito dalla Regione, per il recupero di palazzo Centi, sede dell’esecutivo all’Aquila, gravemente danneggiato dal sisma del 6 aprile 2009.

"La richiesta di archiviazione avanzata nei miei confronti è pienamente conforme a giustizia – continua Ruffini. La Procura aquilana ha chiesto l’archiviazione anche per il governatore e senatore del Pd, Luciano D’Alfonso. Ora sarà il Gip a doversi pronunciare sulla istanza. Il filone su presunti favoritismi nella gara su palazzo Centi è il principale della maxi inchiesta sugli appalti gestiti dalla Regione, partita nel 2015, che ha portato complessivamente a 11 fascicoli e oltre 20 indagati. Le indagini sono state coordinate fino al settembre scorso dall’allora pm Antonietta Picardi, poi trasferita, su sua precedente richiesta, presso la procura generale della Cassazione.  Molto dure le parole dell’ex consigliere regionale del Pd, dimessosi in seguito al coinvolgimento nella inchiesta: "Ho subito il sequestro di computer e cellulari, sono state formulate accuse gravissime ed infondate e i miei familiari hanno vissuto un periodo durissimo, convivendo con umiliazioni e turbamenti la vicenda che mi ha segnato sul piano umano ed etico – spiega ancora l’ex presidente della provincia di Teramo -. Con tanti anni di vita politica ed amministrativa, mai ero stato indagato per corruzione e turbativa di una gara d’appalto. La mia trentennale esperienza nelle istituzioni è stata contraddistinta dalla rigorosa osservanza delle regole e dal costante servizio alla collettività. La messa in discussione di questi principi morali, che hanno sempre guidato il mio agire politico, hanno pesato ingiustamente sulla mia immagine di uomo pubblico. La richiesta di archiviazione, oggi mi restituisce un po’ di serenità, dopo un processo che ha stravolto la mia vita personale: ha accelerato la mia uscita dalla vita pubblica, impedendomi ogni attività pubblica e politica".