Camposanto, accessi assistiti ai padiglioni inagibii: con caschetto ma senza fiori, per 10 minuti

TERAMO – Si presenteranno al cospetto dei loro cari defunti a mani vuote ma indosseranno i caschetti di protezione, come gli operai dentro un cantiere. Magari però fossero in un’area di lavoro, significherebbe che l’isolamento di questa parte del cimitero di Cartecchio sarebbe vicino al concludersi. Saranno invece in una terra di nessuno i circa 150 famigliari che si sono prenotati per le visite ‘assistite’ dalla protezione civile alle tombe inagibili, entreranno di un recinto in legno che da due anni impedisce ad oltre 1.500 tombe di essere, curate, addobbate con fiori e lumini e segni di affetto. E nemmeno tutte anche oggi saranno accessibili, nonostante tutti i sistemi di sicurezza adottati dal Comune e dalla Teramo Ambiente. Lo saranno – e per pochi minuti ogni gruppo – soltanto le tombe dei primi due padiglioni del monumentale (1 e 2), vale a dire quelli subito a destra e a sinistra del cancello d’ingresso. In totale sono 850 tombe in tutto, contando anche le cappelle porticate dei settori 2 e 5. La maggior parte dei famigliari hanno desistito e anche per quest’anno, il secondo di fila, rinuncerà alla commemorazione dei defunti, con il magone di non sapere per chissà quanto altro tempo ancora.
Fino a ieri sera c’erano circa 150 gruppi prenotati ma alla TeAm ci si attende che anche questa mattina e domani si presenteranno anche coloro che non hanno prenotazione, forse anche il doppio. Ma tutto è pronto anche per questa evenienza. Da questa matina alle 9 e fino alle 16.30 per due giorni, oggi e domani (con pausa dalle 12 alle 14.30), quattro associazioni di protezione civile (Cives, Associazione alpini, Gran Sasso d’Italia e Croce Rossa Italiana di Teramo) allestiranno quattro gazebo ad altrettanti ingressi dei due padiglioni e dei due porticati. Varchi nella recinzione che permetteranno, dopo aver indossato sottocaschi ed elmetti di sicurezza, di avvicinarsi a gruppi di quatto persone massimo, alle tombe dei parenti, accompagnati in sicurezza da personale di Protezione civile. Dieci minuti, non di più, per un raccoglimento di preghiera, senza la possibilità di posare fiori o altro, nemmeno spolverare la lapide. E’ la condanna inflitta a questo territorio dal terremoto che non solo ha devastato, ma ha determinato il guasto di una ricostruzione da fare ma che non comincia mai. Nel caso del cimitero di Cartecchio, tutta la struttura, laddove catalogata con esiti B, è stata messa in sicurezza da mesi durante l’amministrazione Brucchi, con alcuni padiglioni riaperti dopo gli interventi di messa in sicurezza ad oltre un anno dal sisma. Restano quelli gravi e quelli ‘incerottati’ dove chissà tra quanto tempo sarà possibile rientrare, come per le abitazioni private. Il sindaco Gianguido D’Alberto che oggi concluderà proprio con il camposanto centrale il suo giro dell’orrore e non per i temi legati all’oltretomba. Porta con sè un consistente bagaglio di conoscenza del disastro nei cimiteri frazionali: «Siamo indietro purtroppo in molte aree con la ricostruzione – ha detto -. Il cimitero di Miano, ad esempio, che serve una comunità molto vasta e per questo ci preoccupa molto: è quello che messo peggio, su cui ci sono situazioni che derivano dal sisma e altre che provengono da lontano e sulle quali stiamo intervenendo». E ragionandoci sopra, si scopre che i danni non li ha fatti soltanto il terremoto, ma anche il bando a doppio oggetto per l’individuazione del socio privato della Teramo Ambiente, che è andato deserto: in esso erano contenute le previsioni di molti dei lavori da eseguire nei campisanti frazionali, a carico dell’eventuale nuovo socio. E adesso? «Dobbiamo intanto recuperare le risorse – ha detto il sindaco -, una quota di residui in bilancio è già prevista e che però non è sufficiente, ma su questo si aggiunge anche il problema degli amplamenti perchè abbiamo una grave carenza di loculi». La speranza è… nel Signore, perchè molti dei danni nei cimiteri frazionali risiedono nelle chiesette interne, su cui è competente la Curia.