TeAm, il credito dal Comune sale a 4,8 milioni. Al bivio: società in house o nuovo socio privato?

TERAMO – Tra discussioni sui dodicesimi, storici crediti inesigibili, conguagli dei Pef passati e soprattutto il pagamenti della commessa corrente, la Teramo Ambiente vanta un credito dal suo azionista di maggioranza, il Comune di Teramo, qualcosa come circa 4,8 milioni di euro. Se non è un campanello d’allarme poco ci manca. Di sicuro, impone ogni giorno di più alla governance comunale una immediata inversione di rotta e una decisione non più rinviabile: affrontare la pianificazione del debito, svalutare  oppure svoltare verso la tanto annunciata trasformazione in house. Perché cullarsi sugli allori e rinviare il risanamento dei conti della municipalizzata, oltre che mettere a rischio il futuro della TeAm stessa, sempre a corto della liquidità necessaria, esporrebbe il Comune a un probabile decreto ingiuntivo. Ne sanno qualcosa sia il MoTe che l’EcoTedi, rispettivamente azionista e socio TeAm, chiamati a versare somme dovute e mai saldate da tempo.

ASSEMBLEA ‘CALDA’. Anche se non è stata ancora decisa la data, il rischio di tornare a tenere un’assemblea dei soci ‘calda’, nonostante i ripetuti appelli del sindaco Gianguido D’Alberto a tenere bassi i toni, è insito nella situazione creatasi nella gestione dei conti. L’estratto conto della municipalizzata aggiornato a qualche giorno fa, ha numeri in rosso perfino nel calcolo delle somme che mensilmente gli uffici preposti devono versare mensilmente nelle casse della società ambientale.

 
I CREDITI INESIGIBILI. I conti sono presto fatti. Si può discutere dei famigerati crediti inesigibili, quel milione e trecentomila euro che furono la pietra dello scandalo – tra le altre cose – per il litigio tra l’ex sindaco Maurizio Brucchi e l’allora amministratore delegato Luca Ranalli, che fece anche ricorso al Tar contro la delibera con cui il consiglio comunale aveva approvato il Pef esercizio 2016 non inserendovi i crediti inesigibili per gli anni 2007-2009, periodo nel quale la TeAm esercitava anche la riscossione. Sono ‘ballerini’ da molto e su di essi nemmeno il commissario straordinario Luigi Pizzi ha voluto mettere le mani, congelandoli nella carte degli uffici, dichiarando ai microfoni, non più tardi del marzo scorso, che si trattava di una questione «che avrebbe gestito la prossima amministrazione». Quella di D’Alberto, secondo quanto sancito dalle urne.

IL RESTO DEL DEBITO. Ci sono poi i conguagli Pef, che ammontano a un altro milione scarso e fanno in totale 2.3 milioni. Corre dietro ai residui la contabilità, perchè all’appello mancano ancora somme mai saldate che portano il nome di verde pubblico e razionalizzazione della spesa che tradotto in euro ammonta ad altri 600mila euro. E siamo a 2.9 milioni, che possiamo definire eredità dell’amministrazione Brucchi. C’è poi quello che ricade sotto l’amministrazione D’Alberto, vale a dire il cosiddetto corrente, i pagamenti delle fatture della TeAm per i servizi di igiene urbana. C’è purtroppo l’arretrato, che ammonta finora a 1.5 milioni, che fanno toccare alla somma quota 4.4. L’ultimo versamento dal Comune è di fine ottobre per saldare il mese di agosto o settembre, il che fa lievitare il credito TeAm fino a circa 4,8 milioni di euro.

 
D’ALBERTO-PELAGATTI. Luca Ranalli, che stava a Brucchi come Pietro Pelagatti sta oggi a Gianguido D’Alberto, all’epoca non esitò a mettere in campo l’esercizio del suo ruolo di Ad (tra l’altro anche indicato dal socio privato) per promuovere iniziative giudiziali contro l’azionista di maggioranza. Non sfuggì a nessuno che a condire i ricorsi e litigi con l’allora sindaco ci fu anche del contrasto personale oltre al dovere di amministratore delegato. Pelagatti non è certo Ranalli, così come D’Alberto non è Brucchi ma ognuno fa il suo mestiere e dunque prima o poi questo debito consistente andrà pagato, anche perchè la municipalizzata in questa fase rischia la paralisi gestionale, riuscendo a malapena a pagare gli stipendi. Ecco dunque all’orizzonte il rischio di un decreto ingiuntivo almeno per una parte del credito vantato. Fino a quando il pericolo può essere attenuato dal savoir faire che il primo cittadino infonde nei suoi rapporti con Pelagatti? 

SOCIETA’ IN HOUSE. In un contesto del genere, dove trovare i denari  per acquisire la quota del socio privato, valutata almeno 1.7 milioni di euro, anche nell’auspicata ipotesi di una svalutazione, probabilmente non condivisa dal curatore fallimentare Marco Basaglia, fino, diciamo a titolo di esempio, fino a 500mila euro? Insomma, la strada verso la trasformazione in house della TeAm potrebbe complicarsi, a parte tutte le considerazioni che questa operazione implicherebbe, a cominciare dal destino di buona parte del personale.

SOCIO PRIVATO. Ecco perché una decisione diventa quasi non più rinviabile. Anche perché, come anche adombrato dai sindacati di recente, un altro scenario potrebbe non essere più tanto remoto, seppure la gara a doppio oggetto possa aver fatto sembrare altro: la quota Enertech in mano alla curatela fallimentare nominata dal tribunale di Venezia potrebbe far gola. E indurre un nuovo soggetto privato ad acquisirla, a una somma più vicina alla valutazione fatta dalla curatela. Il Comune verrebbe a trovarsi con un nuovo socio di minoranza in casa. Sicuramente più attivo e in possesso di liquidità diversa dall’Enertech, al punto tale da risanare e rilanciare la Teramo Ambiente. Fanta… partecipate?