Delitto pittrice. Chiara e Giada, le due 'vite' con Simone Santoleri: "Per i soldi era capace di uccidere"

TERAMO – Sono le altre due donne della sua famiglia, che per motivi diversi hanno entrambe scelto di allontanarsi da lui, a puntare il dito contro Simone Santoleri, imputato assieme al padre Giuseppe nel processo che li vede accusati assieme del concorso nell’omicidio della madre ed ex moglie Renata Rapposelli. Maria Chiara, la sorella, e Giada, l’ex convivente dalla quale ha avuto una bimba – di cui i giudici gli hanno tolto la patria potestà -, hanno ricostruito la travagliata esperienza di vita con l’ex guardia giurata, Simone nel corso di una udienza-fiume davanti alla Corte d’Assise, in cui padre e figlio non sono presenti. Affonda nelle storie e nelle vite di entrambe, nel suo lungo esame testimoniale, il pm Enrica Medori. Dentro il vissuto famigliare, e adolescenziale soprattutto, di Maria Chiara, diventata figlia unica di Renata e Giuseppe quando Simone ha deciso di lasciare la famiglia e arrangiarsi nel vivere quotidiano, testimone dei quotidiani litigi coniugali, e da oltre 12 anni ‘dimenticata’ in un casolare di campagna di Osimo, dove vive in una stanza in affitto grazie alla buona volontà di un amico del padre. Ma non è meno doloroso riavvolgere il nastro di una convivenza difficile, tra afflati d’amore giovanile coronati dalla nascita di una bimba e soprusi sempre più frequenti – fino alla comparsa di una pistola e la conseguente denuncia per stalking -, che hanno contraddistinto il rapporto tra Giada e Simone. Tutte e due dipingono un Simone Santoleri dispotico, arrogante, aggressivo. Capace di adirarsi, fino a perdere la testa, quando si parla di soldi, lui che dai soldi era ossessionato, gestore della pensione del padre quando lo accoglie a vivere nella sua abitazione, a Giulianova, gestendo la sua pensione, arrivando a contare fino all’ultimo centesimo nella divisione della spesa con la sua convivente. Maria Chiara dirà senza esitazione di aver chiuso ogni rapporto nel ricordo di quanto fosse stata traumatica la sua giovinezza in casa, fino a quando Simone era stato a casa, di cui era vittima di scherzi pesanti ed esplosioni di gelosia. colpevole, lei, di non "esser stata abbbandonata come invece era capitato a lui". La sorella, che fino al 2005 ha vissuto con la madre ad Ancona ("dalla quale mi sono separata perchè a casa non avevo più spazio vitale, essendo mamma accumulatrice seriale per malattia") e per due anni, fino al 2007, con il padre sempre nella provincia di Ancona, ha però confermato che il fratello spesso aveva superato i toni nelle discussioni con la madre, sempre per motivi di denaro. L’aveva anche minacciata di ammazzarla, semmi avesse perso casa per colpa sua che intendeva fare causa. E come Giada, racconta la battuta che la pubblica accusa rileva essere la premonizione del delitto: "A te – dice un giorno Simone alla madre Renata – non ti uccide nemmeno il veleno per i topi". Mentre l’ex convivente la racconta come pronunciata al telefono durante una discussione, la figlia della vittima la contestualizza al pranzo di batteimo della bimba di Simone e Giada, dove Renata si lamenta del cattivo sapore del brodo cucinato dal figlio, che le risponde in quel modo. Per il pubblico ministero in quel brodo c’era davvero veleno per i topi.
Non è però un quadro edificante quello che viene fuori dalle oltre tre ore di confronto con l’ex convivente del presunto assassino. Che prima di riferire i motivi della sua denuncia per stalking, racconta di un uomo con una personalità dissociata, che delira di notte e racconta di vedere mostri e di convivere con il diavolo, che fa di tutto per convincere la ragazza diventata poi madre, conosciuta allo chalet di Alba Adriatica dove faceva il bagnino, ad accettare una convivenza a tre assieme ad almeno due altre sue amanti. Che fa mille lavori, scopre di aver un ‘tesoretto’ da parte raccolto, per sua stessa ammissione, lavorando con la droga, che evita di pagare le bollette di casa allacciando le utenze ai contatori dei vicini o prendendo pezzi di arredamento dalle case sfitte attorno: tutto per risparmiare al centesimo e per far fruttare al massimo la pensione del padre, che rende succube delle sue decisioni in casa. Giada capisce che rischia dentro casa, anche perché Simone gioca spesso con le sue due pistole, che soltanto tardivamente gli verranno tolte di mano. La pistola che diventerà lo strumento con cui proverà a convincerla a tornare sulla decisione di lasciarlo. Nasceranno da qui e da un tradimento scoperto rincasando la separazione, la denuncia per stalking, la perdità della potestà genitoriale della bimba.