Domattina in Cattedrale l'addio all'avvocato Sgattoni. Folla alla camere ardente

TERAMO – E’ forte e profondo il dolore, non solo nella comunità forense cittadina, per la scomparsa improvvisa di Marco Sgattoni, avvocato noto per la sua dedizione al lavoro e per la passione per lo sport, la corsa in particolare. Ed è proprio questo suo essere salutista che stride tragicamente con la dinamica della sua morte, alla soglia dei 49 anni (li avrebbe compiuti il prossimo Natale). Il mondo forense è scosso da un altro lutto, anche questo prematuro: l’ordine, gli ambienti giudiziari, ma gli amici, le conoscenze vecchie nuove, sono stati colti di sorpresa e feriti dalla notizia della scomparsa di questo giovane legale. La testimonianza di affetto e stima ha trovato specchio fedele nell’affollata camera ardente alla casa funeraria ‘Petrucci’ a Villa Pavone, già dalla tarda mattina meta di tanti, che anche oggi fino alle 20 potranno dargli l’ultimo saluto. Così come è presumibile che tanti altri ancora vorranno accompagnarlo nelle esequie pubbliche di domattina alle 10:30, in Cattedrale, per stringersi attorno alla moglie Anna, alla sorella Francesca e al padre Ginesio, noto insegnante del Liceo classico Delfico. 
Sgattoni era nella sua abitazione di via Aurini, nel quartiere di Villa Mosca, in compagnia della moglie Anna. E’ stata lei a dare l’allarme al 118, poco dopo le 7 di ieri mattina. Pochi cenni ma inconfondibili: è caduto per terra, non riesce a parlare. C’era di peggio. Forse un aneurisma, forse un infarto acuto. Di sicuro non c’era più niente da fare e dunque l’accidente è stato massivo, irreversibile. Eppure il personale del 118 arrivato dal vicino ospedale Mazzini, ha tentato di tutto, con una squadra di soccorritori esperta e preparata, sia con i farmaci, che con il massaggio prima, e la defibrillazione poi: 77 scariche con il salvavita, ma inefficaci, per 40 lunghi minuti di tentativi. Marco Sgattoni era un bravo avvocato e quel che colpiva di lui era l’assoluta pacatezza, che nascondeva una forte decisione. Dedito al lavoro, si divideva tra l’attività professionale di studio, in circonvallazione Ragusa, e quella pubblica di giudice onorario al tribunale di Avezzano. Molti oggi lo ricordano in udienza fino a tardi, una sorta di stakanovista del foro, uno degli ultimi a ‘chiudere’ palazzo di giustizia, impegnato nel far correre il più possibile la macchina della giustizia. E riusciva perfino a trovare il tempo per contribuire alla vita quotidiana dell’ordine professionale, essendo consigliere del direttivo, ma anche segretario del Consiglio degli ordini forensi d’Abruzzo. Proprio nelle ultime settimane aveva alternato la sua presenza al congresso interregionale come al giuramento dei nuovi avvocati.