Il consorzio dei commercianti teramani: «Non lasciateci soli nell'emergenza»

TERAMO – Il consorzio di commercianti “Shopping in Teramo Centro” ha scritto una lettera a Governo, Regione, Provincia e Comune per riflettere sul Decreto Legge “Cura Italia” del 16 marzo 2020 proporre alcuni correttivi, nel tentativo di tutelare la categoria dimenticata dalle misure messe in campo per l’emergenza economica contestuale a quella sanitaria. L’obiettivo è spronare gli amministratori regionali e nazionali per delle eventuali rettifiche del DL.

 

Gentili Presidenti, Gentile Sindaco, scriviamo a nome del Consorzio Shopping in Teramo Centro, consorzio dei commercianti e degli artigiani che operano nella Città di Teramo, a seguito della pubblicazione del DL Cura Italia del 16 Marzo 2020, poiché in esso non riusciamo a trovare il sostegno di cui avremmo bisogno e che il nostro governo dovrebbe garantirci in questo delicatissimo periodo storico-economico. Il nostro senso civico ci ha spinto alla chiusura delle attività prima ancora che fosse pubblicato il DL dell’11 Marzo, pur non vivendo e lavorando, fino a quel momento, in una zona ad alto rischio. Questo perché la nostra città e la nostra provincia erano già completamente desertificate a causa del timore, più che condivisibile, di essere contagiati da un virus del quale ancora oggi si conosce molto poco. Dopo anni di sacrifici (soprattutto gli ultimi, considerata la nostra appartenenza alle aree già colpite dai terremoti 2016 e 2017), dopo circa dieci giorni di chiusura delle attività (nostra unica fonte di reddito), dopo aver già ricevuto la maggior parte della merce Primavera/Estate (per la quale i nostri fornitori hanno già emesso delle scadenze di pagamento per noi impossibili da onorare), dopo aver sostenuto i nostri lavoratori dipendenti (parte integrante delle nostre famiglie) e aver versato per anni alle casse dello stato IVA, INPS, IRPEF, INAIL, oltre che contributi e tasse comunali, provinciali e regionali, leggiamo nel DL che alla nostra categoria “è riconosciuta un’indennità per il mese di marzo pari a 600 euro” (citiamo testualmente), a sostegno del nostro mancato lavoro e delle nostre imprese. Un provvedimento che, ovviamente, ci sembra fuori luogo e privo di qualsiasi proporzione rispetto ai danni subiti e che subiremo. E’ impensabile ritenere che 600 euro possano essere un sostegno, soprattutto in considerazione del fatto che i pagamenti sospesi sono stati solo rinviati e dovranno essere comunque onorati tra qualche mese, sommati alle nuove scadenze che si saranno generate nel tempo. E’ superfluo evidenziare che se le attività restano chiuse non possono produrre alcun tipo di ricavo ed è pertanto impossibile che si riescano ad onorare le scadenze, siano esse con l’erario o con i fornitori; tutto ciò creerà un effetto a catena devastante per la nostra intera economia, provinciale, regionale e nazionale. Crediamo sia altrettanto superfluo sottolineare che non basterà un anno di lavoro per recuperare le perdite di quest’ultimo mese e di quelli a venire, considerata la gravità della situazione. Pertanto, se il governo ha realmente intenzione di sostenere le nostre imprese e aiutarle nella lunga e difficile ripartenza che ci auguriamo di avere dopo tutto questo, bisogna elaborare politiche economiche molto differenti rispetto a quelle che si stanno profilando in questi giorni, altrimenti per molti di noi l’unica prospettiva sarà la chiusura dell’azienda. Crediamo che, per dare senso all’indennizzo previsto di 600 euro, dovrebbero essere bloccati da subito tutti i versamenti IVA, INPS, IRPEF, INAIL, oltre che tasse regionali, provinciali, comunali, di vidimazione, imposte sui redditi, acconti, bollette, altri versamenti vari ed eventuali, fino ad almeno 9/12 mesi dalla riapertura delle attività. Per lo stesso periodo andrebbero sospesi presso le banche e gli istituti di credito tutti i finanziamenti, i mutui, gli addebiti di eventuali interessi passivi maturati e i costi di gestione dei conti corrente, ad aziende, liberi professionisti e titolari di partita IVA, potenziando al massimo l’elasticità nei confronti dei crediti già erogati alle imprese. Infine, a partire dallo scorso 1* Marzo, andrebbero sospese anche tutte le possibili segnalazioni bancarie, alla centrale rischi di Banca D’Italia e al CRIF, per gli eventuali insoluti dei mutui, nonché bloccati i protesti delle scadenze e/o dei titoli di pagamento già emessi dalle aziende nei confronti dei propri fornitori, poiché, date le attuali condizioni, risulterebbe errato ricondurli ad una cattiva gestione aziendale. Sappiamo bene che possa risultare molto complesso soddisfare le suddette richieste, ancor più in questo difficilissimo periodo, ma solo in questo modo 600 euro potranno essere ritenuti un reale sostegno, poiché servirebbero esclusivamente al sostentamento personale di ciascuno di noi. Confidiamo che una reale presa di coscienza, da parte del Governo, delle esigenze di un sistema commerciale-economico al collasso, possa presto produrre un programma di incentivi che consenta a tutti gli operatori del settore di poter continuare a lavorare, con lo spirito di sacrificio e dedizione di sempre e con la certezza di non essere stati lasciati soli».