Emergenza Covid, per i sindacati la morìa di negozi in Abruzzo sarà immane

TERAMO – "Ad eccezione dei negozi di generi alimentari di prossimità e vicinato, tutto il resto del commercio è fermo e si prepara un disastro a livello occupazionale, che oggi non è visibile perché il Governo ha messo in campo gli ammortizzatori sociali e ha sospeso le procedure di licenziamento, ma che tra qualche mese rischia di tradursi in una morìa di aziende di proporzioni inimmaginabili". Così Lucio Cipollini, coordinatore regionale Abruzzo e Molise della Filcams Cgil, in merito alla crisi del commercio legata all’emergenza Covid-19.

"Peraltro anche nel commercio di generi alimentari ci sono grossi problemi – prosegue Cipollini – perché questa volta ad essere in difficoltà è la grande distribuzione, che dispone di punti vendita piuttosto isolati nei vari centri commerciali, dove in seguito all’emergenza il bacino di utenza è crollato e dunque gli incassi sono pressoché fermi".

 

GRANDE DISTRIBUZIONE.  "Abbiamo chiesto al tavolo nazionale, per quanto riguarda la vertenza Auchan, e al tavolo regionale, per quanto riguarda la vertenza Iper Conad, di congelare le procedure in atto e mettere in sicurezza i dipendenti con gli ammortizzatori sociali, in attesa che si esca quanto meno dalla prima fase dell’emergenza, ma su entrambi i fronti ci è stato opposto un rifiuto". Così Lucio Cipollini e Davide Urbano, rispettivamente coordinatore regionale e segretario provinciale di Pescara della Filcams Cgil, in merito alle vertenze in atto sul territorio abruzzese, nell’ambito dei processi di riorganizzazione conseguenti al disimpegno del gruppo Auchan e alle acquisizioni da parte di Conad. "All’Iper Conad sono in corso una procedura di cessione di ramo d’azienda e una procedura di licenziamento collettivo – ricordano Cipollini e Urbano – mentre sul fronte Auchan c’è una trattativa serrata a livella nazionale. Attualmente i licenziamenti sono stati bloccati dal governo, ma permangono diverse criticità, in particolare sulla ricollocazione del personale in esubero". 

 

MISURE DI SICUREZZA NON RISPETTATE.  "La fornitura di dispositivi di sicurezza, a tutela dei dipendenti di negozi e supermercati, non è omogenea nei punti vendita abruzzesi e una delle maggiori criticità è rappresentata dalla difficoltà di far rispettare le misure di sicurezza alla clientela". "Alcune aziende hanno fornito ai dipendenti guanti, mascherine e gel in maniera appropriata – spiegano Cipollini e Urbano – ma altre hanno messo a disposizione attrezzature insufficienti e si è arrivati perfino al punto che un supermercato della provincia di Chieti ha chiesto ai propri dipendenti di pagarsi le mascherine". I due sindacalisti rimarcano inoltre che "nei negozi non ci sono solo i dipendenti, ma anche i clienti, che molto spesso non rispettano le misure di sicurezza e diventa complicato gestirli quando non indossano guanti e mascherine o non rispettano le distanze, tanto che come noto si sono verificate anche intemperanze".

 

VERSO LA FASE DUE.  "Al primo posto c’è la salute. Le riaperture sono strettamente collegate alla riduzione sostanziale dei contagi. Ogni valutazione fatta prima può essere fuorviante. Ora si deve pensare alla salute, che è al primo posto. Nel frattempo, però, si possono studiare percorsi ben precisi, in termini di tempi delle istruttorie e di sicurezza nelle aziende, così da essere subito pronti quando si potrà riaprire". Lo afferma l’economista abruzzese Giuseppe Mauro a proposito dell’emergenza Coronavirus in Abruzzo. "Penso sia necessaria una riapertura molto graduale – sottolinea Mauro – dopo aver conosciuto a fondo la situazione nei vari settori produttivi. Ci sono da un lato le imprese ritenute strategiche, che non possono perdere colpi nei confronti della concorrenza internazionale; dall’altro i piccoli negozi di periferia. In questi ambiti c’è un problema serio che riguarda la liquidità".In tal senso, l’economista sottolinea come l’impressione sia che "le banche, non svolgendo attività per conto dello Stato, devono ispirarsi a un’istruttoria e tutto si giocherà sui tempi.Si corre il rischio, infatti – aggiunge – che le fasce più deboli possano non resistere alla carenza di liquidità, creando un sistema duplice: imprese forti, strutturate e patrimonializzate, con liquidità e imprese che chiudono"."Capisco l’esigenza di riaprire, soprattutto per quelle imprese strategiche che rischiano l’impatto della concorrenza, ma ora bisogna pensare alla salute e ai contagi. Bisogna però essere capaci di sfruttare questo periodo non solo per comprendere l’andamento dell’epidemia, ma anche per tracciare dei percorsi che saranno indispensabili quando si riaprirà", conclude Giuseppe Mauro.