BOZZELLI CHIEDE OLTRE 200MILA EURO DI DANNI A COMUNE E TEAM

TERAMO – L’ex presidente della Teramo Ambiente, l’ingegner Pietro Bozzelli, fa causa al Comune e alla muncipalizzata dell’igiene urbana dalla quale, nel maggio dello scorso anno, fu rimosso con un discusso decreto firmato dal sindaco Gianguido D’Alberto. La notizia si è sparsa nel pomeriggio e seppur minacciata da tempo, l’iniziativa legale sembrava fosse stata messa da parte, trascorso un anno, e anche perchè si prestava e si presta ancora a una possibile replica, con un’azione di responsabilità civile a carico degli ex amministratori della TeAm.

Bozzelli fu ‘esonerato’ dall’incarico il 5 maggio 2019. Fu l’albo pretorio del Comune a darne notizia, con il decreto una prima versione del decreto numero 6, quella senza gli ‘omissis’ sulla motivazione della decisione del sindaco di ritirare la fiducia a Bozzelli. Quella pubblicazione fece discutere perchè non nascondeva pubblicamente aspetti delicati riguardanti i rilievi alla condotta professionale del presidente nominato una prima volta nel 2015 e confermato nel 2017 dal predecessore di D’Alberto, Maurizio Brucchi.

La delibera con gli ‘omissis’ comparve online poco più tardi, ma oggi questo disguido entra di prepotenza nell’azione legale intrapresa dall’ingegnere nucleare 64enne che chiede ai giudici del Tribunale delle imprese dell’Aquila di quantificare il danno inflitto alla reputazione professionale e dell’immagine, chiedendo 150mila euro di indennizzo. Ovviamente, su questa base, Bozzelli e i suoi legali ritengono che non sussistano i motivi di giusta causa per la revoca dell’incarico, sommando altro denaro quale ristoro, superando complessivamente la soglia di 210mila euro di richiesta. La valutazione economica non si esaurisce qui perchè Bozzelli chiede anche di essere sottoposto a perizia medica per la quantificazione del danno biologico subito, a causa delle modalità con cui si è giunti alla sua rimozione.

Il Comune aveva motivato la revoca di Bozzelli con inadempienze nei rapporti societari, conflitti di interessi in transazioni con dipendenti licenziati, ma soprattutto scarsa trasparenza nei confronti degli organi di vigilanza e ricorso ingiustificato alle consulenze legali.