Il Mazzini non sarà il… nuovo Mazzini. E Di Giosia pensa al pronto soccorso pediatrico

Il direttore generale ‘chiude’ alla vecchia area per il nosocomio del futuro. C’è un altro project

TERAMO – “Il confronto non deve impedire il buon andamento della pubblica amministrazione. L’ho già detto altre volte: se è volto a impedirmi che io faccia l’ospedale è inutile“. Idee chiare, e forse molto più decise delle precedenti volte in cui si è affrontato l’argomento, quelle esposte dal direttore generale Maurizio Di Giosia sulla nuova struttura sanitaria: Piano d’Accio e relativo progetto restano la zona ‘elettiva’, il Mazzini non sarà sicuramente la futura sede del nosocomio provinciale.

Noi possiamo discutere della destinazione del Mazzini – ha ribadito Di Giosia – dove mettere il nuovo ospedale e come implementarlo ma lasciamo stare ragionamenti sul farlo qui. Quella di Villa Mosca è un’area congestionata e il nostro timore è quello che qualsiasi cosa andremo a impiantare qui possa compromettere lo svolgimento dell’attività ordinaria. In più si va a riempire un’area già di per sè compressa tra il parcheggio e i tre Lotti, creando ad esempio problemi di viabilità: i tecnici mi dicono che in termini di cubature, siamo già all’esaurimento di quanto è possibile realizzare

Nel futuro ospedale si parla di eccellenze, vitali per essere competitivi nella sanità: l’ipotesi di nuovi reparti è relativa al pronto soccorso pediatrico e alla neuropsichiatria infantile: “Faremo concorsi per prendere il meglio che c’è nella sanitù – ha concluso Di Giosia -, per alzare la qualità della sanità: solo essendo competitivi si evita di venir seppelliti“.

Il consulente tecnico Ivo Allegro sgombra il campo dai dubbi relativi ai rischi di privatizzare la sanità con il project (dopo quello, saltato, della Pizzarrotti ce n’è un altro al vaglio di un comitato tecnico): “Nessuna privatizzazione della sanità: il partenariato tra pubblico e privato – dice Allegro – non è una tecnica per privatizzare la sanità ma per costruire una infrastruttura dove i servizi ‘no core’, come quelli manutentivi, la pulizia, il riscaldamento, che già nei grandi ospedali sono resi da ditte esterne, vengono affidati a un solo soggetto che si assume i rischi, sia in fase di costruzione che di gestione: se non rispetta un livello di servizio non avrà un ritorno, quindi non costituisce una privatizzazione in termini di prestazioni sanitarie“.