Rifondazione comunista ricorda la Liberazione di Teramo nel giugno ’44

La ricostruzione storica di quei giorni del segretario provinciale Mirko De Berardinis

TERAMO – La Federazione provinciale di Teramo del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea ricorda la Liberazione di Teramo dal nazifascismo avvenuta il 14 giugno 1944, a perenne ricordo dei martiri della resistenza e dei combattenti partigiani. “Anche in occasione del 78° anniversario della Liberazione della nostra città dall’infame regime nazifascista riteniamo doveroso rendere omaggio a tutte/i le/i partigiane/i teramane/i, alle tante vittime antifasciste, agli eroi di Bosco Martese e a quanti animarono la lotta di liberazione in Provincia di Teramo, Medaglia d’Oro della Resistenza – scrive Mirko De Berardinis, segretario provinciale della Federazione di Teramo del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea -“.

“In quei giorni del giugno 1944, ultimo periodo dell’occupazione nazifascista, le truppe tedesche si ritiravano verso nord dopo aver depredato per giorni il nostro territorio, lasciando la popolazione allo stremo. Si muovevano con ogni tipo di automezzi, veicoli e carri requisiti ovunque ai cittadini. Le automobili più vecchie di cui non potevano servirsi perché inefficienti, venivano rese completamente inservibili rompendo i motori. Pattuglie di tedeschi armati di bastoni e mazze di ferro andavano a caccia di laboratori di fabbri e falegnami per sequestrare attrezzi e danneggiare tutto. Entrando nelle case dei teramani rapinavano oggetti, vestiti, orologi, biciclette. I reparti guastatori tedeschi minarono e distrussero l’officina meccanica ‘ferriera’ di Adone Di Teodoro, i macchinari del mulino Palumbo, la fabbrica di ghiaccio e gassosa Gavini e il pastificio D’Antonio. Furono completamente distrutte con ordigni esplosivi l’unica sala operatoria dell’Ospedale civile di Teramo, diverse reti dell’acquedotto, la centrale telefonica provinciale, le sale di proiezione e le macchine del cinema Apollo.

I nazisti per isolare la nostra città e bloccare i collegamenti fecero saltare in aria il ponte di Fiumicino e minarono i due ponti, stradale e ferroviario, di Cartecchio e quelli di Porta Romana e ‘Terra calata’ in Viale Bovio. Riempirono di esplosivi anche l’intero Ponte San Ferdinando che collegava la città alla stazione ferroviaria. Si credette al miracolo, ma nottetempo un gruppo di partigiani gappisti teramani che operavano in città, tra cui si distinse l’eroico Salvatore Tirabovi, insieme con Binchi, Ambrogi, Vallone e De Sanctis, riuscì a salvare quest’ultima arteria, disinnescando le micce e le cariche esplosive. Ponte San Ferdinando rimase in piedi grazie alla loro valorosa ed intrepida azione. Poche ore dopo in quegli stessi luoghi la rabbia nazifascista si accanì con feroce rappresaglia contro alcuni giovani teramani, catturati tra la caserma Mezzacapo e la caserma Rossi, e poi barbaramente fucilati. Il 13 giugno 1944, alle ore 13, caddero sotto i colpi dei mitra tedeschi, a seguito di una spiata fascista, 8 vittime civili, catturate all’interno e all’esterno delle ex caserme abbandonate ed uccisi nei pressi del Santuario della Madonna della Grazie. I teramani erano alla fame ed entravano anche nelle strutture abbandonate dai nazisti, in cerca di qualcosa per poter sopravvivere.  Il giorno successivo un altro cittadino, Cesare Vagnoni, trovato in possesso di due vecchi fucili da caccia ormai fuori uso e raccolti, secondo le testimonianze, per poter riutilizzare i materiali assai rari in quel periodo, venne fermato e barbaramente ucciso da alcuni militi tedeschi rimasti in città, nella zona di Viale Crispi. Vagnoni fu l’ultimo teramano a perdere la vita per mano tedesca.

Il 14 giugno 1944 un folto gruppo di antifascisti composto dai rappresentanti delle forze politiche socialiste, comuniste, democristiane ed azioniste, insediò presso il municipio di Teramo il primo Comitato Provinciale di Liberazione proclamando la fine dell’occupazione nazifascista. Il 15 giugno i primi nuclei partigiani scesero dalle montagne ed entrarono trionfanti in città dopo nove lunghi mesi di resistenza, diretti dal gappista Vincenzo Masignà, accolti dal tripudio popolare. La numerosa formazione di Felice Rodomonti occupò la regia questura. Il 16 giugno la folla accolse la formazione di Armando Ammazzalorso, composta anche da militari stranieri, che occupò il palazzo della Prefettura. Dal balcone dell’edificio in Corso S.Giorgio il comandante Ammazzalorso annunciò la fine del nazifascismo e l’insediamento del Comitato di Liberazione per l’amministrazione del territorio della provincia teramana. Il 17 giugno entrarono a Teramo il quinto corpo d’armata britannico e l’esercito polacco, che apprezzarono il lavoro svolto con responsabilità delle forze politiche democratiche, che avevano già costituito un governo provvisorio della città, con il sostegno delle formazioni partigiane, per il mantenimento dell’ordine pubblico e per cominciare ad affrontare le tante emergenze, prima ancora dell’arrivo delle forze alleate.