ATRI – Giuseppe Piccioni, 27 anni, di Roseto, morì per disidratazione all’ospedale di Atri il 13 agosto del 2010, dopo un ricovero durato 31 giorni e iniziato con un’appendicectomia. Una morte per la quale è iniziato, davanti al giudice Franco Tetto, il processo a quattro medici del nosocomio atriano accusati di omicidio colposo: il primario del reparto di chirurgia dell’ospedale di Atri, Osvaldo De Berardinis, i chirurghi Alfredo Torretta e Alfonso Prosperi e il nefrologo Maurizio Tancredi, che in quei 31 giorni a vario titolo si occuparono di Piccioni. Nel corso dell’udienza, sul banco dei testimoni, sono saliti i familiari del giovane che hanno ripercorso tutte le tappe di quel ricovero, a partire dal decorso post operatorio. "Giuseppe era ricoverato in chirurgia – ha detto il fratello – quando sono arrivato mi sono accorto subito che non stava bene. Mi è stato risposto che era il normale decorso post operatorio". Ma per i familiari le condizioni del giovane andavano continuamente peggiorando. "Era completamente disidratato" ha raccontato il padre, che ha più volte dichiarato come di fronte alle richieste di informazioni sulle condizioni di salute del giovane i medici fossero evasivi. Fino a quel 13 agosto, quando il ragazzo morì. "Per capire la gravità della situazione – ha dichiarato il fratello in aula – abbiamo dovuto chiamare un neurologo di nostra fiducia. Fino a quel momento continuavano a darci false speranze". Giuseppe Piccioni, ricoverato per un’appendicectomia, morì dopo un ricovero di un mese, con la perizia della Procura che escluse la contaminazione da anisakis, come si era inizialmente ipotizzato, stabilendo come il giovane fosse morto per disidratazione.
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