Del Turco: «Sui miei conti non un euro in più»

PESCARA – Ottaviano Del Turco, governatore dimissionario della Regione Abruzzo, in carcere da cinque giorni perché accusato di aver percepito tangenti milionarie, si dice innocente e punta il dito contro l’imprenditore della sanità privata Vincenzo Angelini, che sta collaborando con i magistrati. Lo sfogo dell’ex ministro è stato raccolto nel carcere di Sulmona dal figlio Guido, che l’ha raccontato a ‘il Giornale’. Il quotidiano, a sua volta, l’ha pubblicato sotto forma di intervista al governatore dimissionario. Vincenzo Angelini – dice Ottaviano Del Turco, secondo quanto riporta ‘il Giornale’ – «Si è voluto vendicare allorché abbiamo iniziato a spulciare conti e attività delle sue cliniche private riscontrando numerose magagne, specie sul
fronte della degenza legata alle malattie mentali. Per avere un riscontro ai nostri timori, facemmo fare uno studio all’università Cattolica di Milano da cui risultava che prima del mio insediamento in Regione, c’erano più pazzi ‘allettati’ nelle case di cura che gente sana in circolazione fuori. Tutti matti, tutti ricoverati in Abruzzo. Quando abbiamo iniziato a tagliare le spese – aggiunge l’ ex ministro – lui ha iniziato a fare la guerra. E tre anni dopo ecco il risultato: lui fuori, io dentro. Il colmo. Un truffatore reo confesso da 120 milioni di euro ha evitato la galera correndo a collaborare coi giudici. Col risultato che la sua posizione è immediatamente mutata da ‘corruttore’ in ‘concusso’ ». Ottaviano Del Turco nega di aver intascato sei milioni di tangenti, in parte utilizzati per comprare case. «Una follia», dice. «Qualcuno – aggiunge – mi dica dove sono questi denari. Ho espressamente chiesto ai magistrati, e al mio legale, di spulciare i miei conti correnti da 15 anni a questa parte per vedere se c’é un euro in più del dovuto. Non l’hanno trovato, tant’é che la prima cosa che mi ha chiesto la finanza durante la perquisizione a casa èstata: lei ha conti all’estero?».  Né – dice Del Turco – soldi percepiti illecitamente sono stati impiegati per acquistare a Roma una casa per il figlio, come sostiene l’accusa. «Ci sono decine di persone – spiega – in grado di dimostrare che, ad esempio, per aiutare Guido ad acquistare una casa a Roma, non avendo soldi da parte ho dovuto vendere i quadri che mi aveva regalato Schifano. Li sentissero questi testimoni, guardassero le ricevute che ho conservato, confrontassero temporalmente i passaggi di denaro».