«Davide Rosci va risarcito delle condizioni inumane del carcere»

TERAMO – Bagno senza doccia e acqua calda, riscaldamento insufficiente, finestre troppo piccole. Tutte condizioni detentive che rappresentano un trattamento inumano e degradante e quindi una violazione dell’articolo 3 della convenzione della salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e che hanno visto il giudice Ciro Riviezzo, del Tribunale dell’Aquila, accogliere il ricorso presentato dal teramano Davide Rosci, il ldeader di Azione Antifascista, detenuto per la condanna rimediata per gli scontri di piazza a Roma: adesso dovrà essere risarcito dal Ministero della Giustizia per una somma di 2.720 euro. Otto euro al giorno, come previsto dalle relative norme, per i 340 giorni passati nelle carceri di Teramo e Viterbo tra il 2013 e il 2014. Il ricorso era stato presentato da Rosci, tramite l’avvocato Filippo Torretta, il 24 dicembre del 2014, lamentando tutta una serie di violazioni che andavano delle ridottissime dimensioni delle celle, che Davide Rosci, condivideva in entrambi i casi con un altro detenuto, alle condizioni igienico-sanitarie in cui era costretto a vivere. Ricorso al quale erano stati allegati anche diversi articoli di giornale sulle condizioni delle carceri italiane e con l’amministrazione penitenziaria, alla quale spettava l’onere delle controprova, che non ha mai risposto alle contestazioni mosse.  Un silenzio che è valso come una conferma. «A fronte di tali deduzioni – scrive infatti il giudice nell’ordinanza con cui ha disposto il risarcimento – sono state richieste informazioni alla Asl, ma la sola Asl di Teramo ha risposto, facendo presente che le informazioni relative alle stato di detenzione erano di pertinenza dell’amministrazione penitenziaria». «Senonchè’ – continua il giudice – pur avendo l’amministrazione tutti gli strumenti per replicare alle informazioni del ricorrente, (sono stati fatti numerosi rinvii della procedura), non lo ha fatto e sulla base del principio dell’onere della prova, deve ritenersi che effettivamente le condizioni descritte nel ricorso, (non tanto per la metratura della cella quanto per tutte quelle sopra ricordate), sono da ritenere in violazione delle norme citate».