Stipendiati senza lavorare e con una villetta a disposizione: così l'imprenditore pagava il debito FOTO

TERAMO – Era un imprenditore edile di Tossicia la vittima di un gruppo di zingari del Teramano, costretto a versare interessi del 500 per cento per restituire un prestito contratto da loro nel 2017. A finire in manette sono stati due fratelli, la compagna di uno di loro e un’altra coppia, tutti rom, residenti tra Castelnuovo Vomano, Morro d’Oro e Giulianova, accusati di usura, estorsione, truffa aggravata e di intestazione fittizia di un immobile: le due donne hanno ottenuto gli arresti domiciliari nelle rispettive abitazioni. L’indagine è stata condotta in collaborazione dagli uomini del nucleo operativo della Compagnia di Teramo, diretta dal tenente colonnello Riziero Asci, e dai militari della Compagnia di Teramo della Guardia di Finanza, comandanti dal tenente Salvatore Mercone, sotto la direzione investigativa del procuratore capo Antonio Guerriero e del pm Cristina Medori. Le indagini, scattate dopo l’individuazione della presenza di alcuni dei rom nei pressi dell’abitazione dell’imprenditore edile, hanno accertato che la riscossione delle somme avveniva dietro pesanti minacce, telefoniche e di persona, anche ai famigliari del costruttore e nel corso del tempo si era trasformata in una vera e propria spoliazione nei suoi confronti. L’uomo era stato infatti costretto ad assumere fittiziamente tutti gli arrestati e una sesta persona, anch’essa indagata: i sei non andavano al lavoro e venivano pagati regolarmente, con le buste paga a costituire le rate del debito da rifondere. L’imprenditore era stato anche costretto a ricomprare ad un’asta giudiziaria una villetta a due piani, a Morro d’Oro, poi intestata fittiziamente alla figlia, ma che era nella completa disponibilità di due degli arrestati: la coppia ci viveva ma tutti i costi necessari, dai tributi sui rifiuti, alle utenze, all’Imu, erano a carico dell’imprenditore.