Ha confessato nella notte: "Lei voleva lasciarmi" e l'ha uccisa con due coltellate al petto. Poi si è ferito nove volte al torace

NERETO – Due coltellate al petto della compagna e madre della figlia di sei anni, dentro casa, a Nereto, all’ora di pranzo. Cristian Daravoinea, camionista di 36 anni, ha ucciso così, dentro la camera da letto, per gelosia, perchè lei voleva lasciarlo, Mihaela Roua, 32enne operaia in una camiceria. Ripresosi dal raptus, quando forse ha realizzato cosa avesse fatto, l’ha presa in braccio e l’ha adagiata sul pavimento della cucina: forse voleva soccorrerla, portarla in ospedale, ma ha capito che era morta. Allora ha rivolto il coltello verso se stesso e si è inferto nove colpi sul torace, ma la lama non è andata in profondità. Sanguinante, si è cambiato i vestiti ed è uscito di casa, a bordo della sua Mazda di colore nero, vagando per le strade della Vibrata, fino a raggiungere la costa, a Tortorto Lido. Si è bagnato in mare, forse per disinfettare la ferita e si è chiuso nell’abitacolo della macchina nel parcheggio dell’hotel Ambassador. Qui lo hanno trovato i carabinieri che hanno chiuso una caccia all’uomo durata un pomeriggio intero. Adesso è in ospedale, ferito ma non in pericolo di vita e piantonato: nella notte, di fronte al pm Davide Rosati, ha confessato il delitto. "Lei voleva andare via da me" si è giustificato.
A distanza di due anni, la Val Vibrata torna a piangere per un femminicidio. Dopo l’oncologa Ester Pasqualoni, uccisa nel cortile dell’ospedale di Sant’Omero da un suo paziente, muore Mihaela Roua, 32 anni, operaia in una camiceria di Corropoli, per mano – oramai non ci sono più dubbi -, del compagno e connazionale 36enne Cristian Daravoinea, camionista per una ditta di Sant’Omero. 
Le colleghe e la datrice di lavoro, Diana Mariani, scoppiano in lacrime quando la bara color mogano esce dalla scalinata B del Condominio Europa. Sono le 21:30, il magistrato Davide Rosati e il medico legale Ercole D’Annunzio sono andati via da poco per trasferirsi all’obitorio dell’ospedale Mazzini, dove verrà approfondito l’esame cadaverico. Il vicinato è attonito: la titolare della camiceria ripete che la morta ha portato via una donna bella, solare, integratissima e piena di voglia di vita e fa ascoltare l’audio dell’ultima videochiamata delle 12:24 quando Mihaela le telefona perchè ha dei problemi nella compilazione di una bolla. Nulla fa presagire cosa accadrà di lì a poco.
"C’erano delle tensioni con il marito" racconta un’altra amica neretese, "Tempo fa mi aveva detto che loro due erano ormai due buoni amici", riferisce un’altra. Nessuno però sa approfondire il motivo che potrebbe essere stato alla base della tragedia, se economico, di gelosia o chissà. Di sicuro Mihaela pranza per l’ultima volta con il suo assassino. La piccola è a scuola e la coppia come ogni giorno approfitta della pausa di lavoro della donna e si ritrova al quarto piano del condominio di viale Europa a Nereto. 
L’omicidio si consuma tra le 12:45 e le 15. I rilievi nell’abitazione seguono una chiara scia di sangue che parte dalla camera da letto, dove viene ritrovato anche il coltello con cui la donna è stata uccisa, e finisce in cucina, dove la giovane operaia si sarebbe trascinata agonizzante, forse per cercare il telefonino con cui chiedere aiuto. Sono minuti di terrore, lei muore mentre il marito lascia l’appartamento, dove regna il disordine di un pranzo lasciato a metà e un gattino che miagola spaventato in un angolo della casa.
E’ proprio Diana Mariani, la titolare che con Mihaela aveva parlato in videochiamata da Cesena, a preoccuparsi dell’anomalia: la donna non è rientrata al lavoro. La cerca, come la cerca anche un’altra amici, invano. Non risponde al cellulare e si insinua il sospetto di un malore, certo non di una mattanza. Quando lo scuolabus torna dalla scuola elementare di Corropoli, a prendere la bimba di 6 anni figlia di Mihaela e Cristian non c’è nessuno: è la conferma che qualcosa non va per il verso giusto. La titolare che sta tornando da Cesena avverte i carabinieri, poi raggiunge i vigili del fuoco che forzano l’ingresso dell’abitazione e trovano il cadavere massacrato con i colpi di coltello. 
La scena del crimine viene congelata, si ascoltano amiche, colleghe di lavoro, vicini di casa: nessuno sospettava, pur sapendo delle difficoltà di rapporto coniugale, si rintraccia anche il fratello dell’uomo, un muratore, che però ha pochi contatti con il parente. Del camionista non c’è nessuna traccia e la sua scomparsa è una conferma indiretta che scappa per evitare la giustizia. A complicare le ricerche il fatto che il romeno ha lasciato il cellulare nella casa del delitto. Le indagini coordinare sul posto dal comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Giorgio Naselli con il tenente colonnello Luigi Dellegrazie e gli uomini del suo reparto operativo, tendono a rintracciare l’uomo in tutta la Vibrata. 
La caccia all’uomo coinvolge numerosi uomini dell’Arma che fanno ricorso ad uno stratagemma tecnologico: si cerca di rintracciare la ‘scatola nera’ dell’autovetture del fuggitivo, dopo l’autorizzazione della compagnia assicurativa, attraverso la quale, con la sala operativa, è possibile agganciare il segnale Gps del dispositivo di sicurezza. La Mazda nera compare per incanto e viene localizzata a Tortoreto Lido, nel parcheggio dell’Ambassador.
Cristian Daravoinea era sofferente ma non in pericolo di vita per qualla coltellata che si era inferto al fianco subito dopo il delitto, forse senza avere fino il fondo il coraggio necessario per farla finita. I militari lo hanno fatto soccorrere: è in stato di fermo di polizia giudiziaria. Nella nottata, è stato interrogato dal pm Davide Rosati, al quale avrà fornito la ricostruzione del suo folle gesto. Nella giornata di oggi il magistrato dovrebbe affidare l’autopsia sulla salma.