Aperto un fascicolo d'inchiesta sul ruolo di Bankitalia nella 'svendita' della Tercas a Popolare di Bari

TERAMO – Quello che da corso San Giorgio, sede Banca Tercas, gridarono dal primo giorno del commissariamento dello storico istituto teramano, adesso costituisce un secondo fascicolo d’inchiesta nel filone sul default della Banca Popolare di Bari: il ruolo di Bankitalia nella ‘svendita’. I vertici, ma anche molti osservatori esterni vicini agli ambienti dell’Istituto che fu presieduto dall’avvocato Lino Nisii, concordavano nel definire quantomeno anomalo l’atteggiamento tenuto da Palazzo Koch: cosa era accaduto tra le ispezioni della vigilanza, positive al punto da autorizzare l’acquisto di Caripe, e l’improvviso commissariamento? Oggi, a ritenere necessario un chiarimento sul ruolo tenuto dalla Banca di Stato lo sostengono anche i magistrati della Procura di Bari che indagano sulla malagestione della Banca Popolare che ha rilevato e ‘salvato’ Banca Tercas allora.
Al momento il riferimento nell’intestazione del fascicolo giudiziario, è relativo al ‘conflitto di interessi’ che vede indagato finora il solo Marco Jacobini, già presidente dell’istituto barese: quali furono le ragioni che spinsero Bankitalia a ‘favorire’ l’acquisto di Tercas da parte dei baresi? Ma è chiaro che scavando su cosa accadde tra l’ottobre 2013 e il luglio 2014, il passo a ritroso è breve e forse consegnerà ai posteri un quadro di lettura più chiaro sulla fine della banca di corso San Giorgio. In sostanza i procuratori sostengono che Bankitalia, che avrebbe dovuto sostituire i vertici di Bpop Bari – come di fatto avvenne invece con Tercas – non solo sganciò la Popolare dai vincoli che impedivano nuove acquisizioni ma la autorizzò all’acquisto della Cassa di Risparmio di Teramo. Una contraddizione che genera dunque il ‘conflitto di interessi’ ipotizzato dalla Procura.
Perchè non corrisponderebbe al vero quanto fatto risultare fino ad oggi e cioè che fu Popolare di Bari a proporsi per l’acquisizione di Tercas. C’è un verbale del consiglio di amministrazione, che sconfessa quanto sostenuto dall’allora direttore generale di Bankitalia davanti ai magistrati che lo ascoltarono nel novembre 2017: «A differenza di quanto lasciato intendere dal dottor Salvatore Rossi – scrivono i magistrati – non fu la Banca popolare di Bari a proporsi autonomamente per il salvataggio di Tercas. Al contrario, come risulta dai verbali del consiglio di amministrazione della stessa Popolare di Bari, fu la Banca d’Italia a interessarla nonostante l’istituto fosse in quel momento soggetto a un’ispezione di cui non aveva ancora conosciuto l’esito». A Teramo tutti ricordano quel periodo come l’era del commissario Riccardo Sora.
Alla base dell’intrigo, ci sarebbero gli stringenti rapporti personali tra Marco Jacobini e la vigilanza di Bankitalia ma anche il prolema del finanziamento di emergenza di 700 milioni di euro che Tercas aveva ricevuto da Bankitalia e che avrebbe dovuto restituire in sei mesi. In un momento in cui c’era liquidità a rischio e l’imminenza di un rimborso dei certificati di deposito e alla liquidazione delle obbligazioni in possesso della clientela retail per oltre 130 milioni di euro. Bankitalia aveva necessità di rientrare di quel prestito e Popola di Bari era disponibile a finaziare l’operazione. Una riflessione torna amara: forse la Tercas poteva non essere commissariata e restare viva.