Studenti "sequestrati" in Argentina: UniTe li laurea lo stesso e li assisterà per il rientro

TERAMO – (alessandro misson) Daniele Perillo e Sante Del Sordo sono due studenti teramani bloccati da settimane in Argentina a causa dell’emergenza Coronavirus. Anche se giuridicamente sarebbe meglio dire “sequestrati” dallo Stato argentino e abbandonati dal Ministero degli Esteri italiano.

Tramite l’impegno dell’Università di Teramo e del Consolato italiano di Mendoza, i due stanno provando a tornare a Teramo a bordo di uno di quei voli protetti organizzati per rimpatriare gi italiani all’estero.

Studenti universitari nella città di Mendoza, Daniele e Sante sarebbero dovuti rientrare a Teramo il 22 Marzo. Ma da giorni vivono un’odissea del tutto simile a quelle che abbiamo già raccontato su questo sito per tanti altri teramani di rientro: soli e abbandonati dalle autorità italiane e da quelle locali; senza informazioni utili su come tornare e cosa fare in Argentina; nel loro caso specifico, prima denunciati dai vicini di casa; poi costretti alla quarantena nel loro appartamento dalla Polizia, pena l’arresto, solo perché “italiani”; infine letteralmente “taglieggiati" e costretti, assieme a tanti altri stranieri in fuga dall’Argentina, ad un viaggio della speranza verso l’aeroporto di Buonos Aires, per un volo di rientro in Italia che non si sa ancora se e quando partirà.

A differenza dei altri studenti stranieri, che hanno un filo diretto con i loro Paesi e vengono costantemente informati dei voli di rientro, i due teramani sono rimasti "appesi" all’aiuto della loro Università e agli uomini del Consolato di Mendoza. Ma non hanno la possibilità di utilizzare carte di credito per vitto e alloggio e hanno l’assicurazione sanitaria scaduta.

Tramite una lettera di Daniele Perillo, studente di Viticoltura ed Enologia all’UniTe, che riportiamo qui di seguito integralmente, hanno raccontato cosa stanno vivendo in Sudamerica durante l’emergenza Coronavirus:

 

Siamo due ragazzi teramani, io (Daniele) mi trovo in Argentina dalla metà di gennaio per un traineeship (tirocinio, ndr.) universitario. L’altro (Sante) arrivato ad inizio marzo per un viaggio vacanza.
Avremmo dovuto fare rientro a Roma il 22 Marzo ma la cosa non è stata possibile per via della cancellazione del volo, peraltro mai comunicata dalla compagnia aerea Aerolìneas Argentinas ed appresa casualmente, da un commerciante che sentiva la notizia alla radio.

ABBANDONATI DALLE AUTORITÀ. Ci siamo attivati su più fronti per trovare un’alternativa per far ritorno in Italia, ottenendo solo risposte molto generiche sia dalle autorità locali, che da quelle italiane.
Nel frattempo, il nostro soggiorno a Mendoza è cambiato bruscamente.

DENUNCIATI. A seguito di una denuncia di alcuni vicini di casa, sebbene fossimo arrivati in Argentina prima dell’emergenza Coronavirus, solo perché cittadini italiani siamo stati “invitati” dalla polizia a non uscire di casa, con espresso divieto di fare addirittura la spesa nei vicini supermercati, pena l’arresto. Sebbene non abbiano saputo indicarci la legge che affermasse quanto detto, ci è stato fatto un discorso del tipo “i vicini hanno paura di voi perché siete italiani, uscendo creereste solo problemi, quindi arrangiatevi a casa o saranno guai”. L’applicazione consigliata dagli agenti di polizia, per far fronte alle esigenze alimentari e quotidiane, non consentiva l’acquisto tramite carta di debito (sebbene fornisse un’opzione risultata poi fittizia) e noi non possedevamo contanti.

TAGLIEGGIATI. Dopo 15 giorni di quarantena, grazie ad un contatto al Consolato ottenuto tramite la segreteria universitaria, abbiamo appreso dell’esistenza di un pullman diretto a Buenos Aires da Mendoza, organizzato per il giorno 1 Aprile da vari consolati (5000 pesos per noi Italiani (circa 72 euro, ndr.) e 2500 per gli Argentini, per una tratta che normalmente ne costa 1500 (circa 22 euro, ndr.), ovviamente senza ricevuta!) così da poter essere successivamente rimpatriati in Italia. Sorvoliamo sulle pessime condizioni igieniche del bus, ma soffermiamoci un’istante sui dubbi comuni che attanagliavano i passeggeri italiani del bus. Hanno organizzato questo trasporto avvisandoci a malapena ventiquattr’ore prima, poco male se non fosse che nessuno sapeva (o sa) quando ci sarà il volo e soprattutto quanto costerà. La mia borsa di studio ad esempio è finita il 20 Marzo e se non avessi i soldi per il volo rimarrei bloccato a Buenos Aires, dove non conosco nessuno e non ho nessuna stabilità, cosa differente a Mendoza dove trascorrevo la quarantena in una casa regolarmente affittata e soprattutto dove vivevo già da due mesi, con amici e conoscenti pronti ad aiutarmi. Ho specificato che il dubbio fosse solo di matrice italiana, visto che il resto del bus (escludendo gli argentini) era già a conoscenza di quando verranno rimpatriati (alcuni la notte stessa) e a quale prezzo (gratis per molti di loro).

SEQUESTRATI. Dopo sedici ore di pullman, arrivati alla frontiera di Buenos Aires, il pullman viene bloccato dalla polizia, che aveva allestito un cordone di isolamento attorno al pullman. Siamo rimasti “sequestrati” per quasi otte ore, senza viveri (un tozzo di pane per qualcuno che per inciso viaggiava con due bambini di tre anni circa) e senza acqua (qualche bottiglietta dopo molte ore) e della cosa hanno parlato persino nei TG nazionali (https://www.youtube.com/watch?v=yzZaMrtoWAQ), sottolineando come le autorità di Mendoza non avessero avvisato le autorità dell’arrivo del bus nonostante tutti i permessi (migratori e sanitari) in regola. Durante questo lasso di tempo nessuno ci ha rivolto la parola, alle nostre domande la polizia voltava lo sguardo o ci ignorava. Siamo stati chiamati in causa, oltre che per i vari controlli, solo per una foto a detta loro “per l’ambasciata”.

VIAGGIO DELLA SPERANZA. Raggiunta finalmente Buenos Aires dopo quasi 30 ore di viaggio, siamo riusciti solo con tanta fortuna a trovare una sistemazione per la notte. Visto che l’hotel prenotato e confermato su booking è risultato chiuso. Ah, dimenticavamo. Io (Daniele) dovevo discutere la tesi in Enologia il 25 Marzo e riuscirò forse a farlo solo mercoledì 8 Aprile, via Google Meet, sempre che il volo non sia programmato proprio per questa data.

GLI ALTRI STRANIERI. La cosa che ci ha fatto male durante questa esperienza è che ci siamo sentiti soli ed abbandonati dalle nostre istituzioni in Italia, qui ovviamente l’assicurazione sanitaria non potrebbe coprirci, la mia di tipo universitario è scaduta il 20 marzo, e in generale siamo preoccupati perché il nostro Paese non ci stia tutelando (bensì ignorando). Durante il viaggio abbiamo conosciuto persone di diverse nazionalità, il cui rientro era stato invece tempestivamente organizzato dal proprio stato di appartenenza, in modo veloce e preciso, in alcuni casi esonerandoli da tutti i costi di viaggio e di pernottamento. Una cittadina slovena è stata addirittura rassicurata telefonicamente dal Premier sloveno in persona: rientrerà a Francoforte (poiché l’unico aeroporto sloveno non è al momento attivo), per esser poi accompagnata in patria da un mezzo di stato sloveno.

INCERTEZZA. Parlare con tutte queste persone, alcune provenienti da paesi considerati più poveri o “meno evoluti” ci conferma ancora di più di come il nostro metro di giudizio sia illusorio. Non sappiamo ancora se, quando e a che prezzo riusciremo a tornare in Italia, costretti ad attendere a Buenos Aires una chiamata che al momento non è ancora arrivata, senza la possibilità di fare la spesa e con grandi difficoltà con le applicazioni delivery che non accettano la carta di debito.

LA SPERANZA. Ottimisticamente stiamo già studiando il modo di raggiungere il nostro rispettivo domicilio per scontare la quarantena, ma anche questa sembra l’ennesima avventura composta da contraddizioni dettate dalle autorità interpellate.
Confidiamo in voi per la divulgazione di questa storia, con la speranza che dalla nostra enorme delusione possa nascere qualcosa di utile per aiutare tutti gli altri che si trovano nella nostra stessa (o peggiore) situazione.

Daniele Perillo e Sante Del Sordo 

 

 

AGGIORNAMENTO. – «Dopodomani Daniele si laureerà regolarmente in Viticoltura ed Enologia, anche se lo farà in diretta telematica dall’Argentina. Ci siamo sentiti telefonicamente via whatsapp: ora hanno trovato alloggio in un ostello di Buenos Aires con una buona connessione internet. I due studenti non hanno nulla da temere: da lì, assieme gli uffici internazionali della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) ed ai loro contatti con il Ministero degli Esteri, stiamo facendo di tutto per riportarli in Italia. A costo di andarli a prendere in aeroporto con i mezzi dell’Ateneo».

 

A parlare è Dino Mastrocola, magnifico rettore dell’Università degli Studi di Teramo, che per Daniele e Sante, i due studenti teramani (uno di Bellante, l’altro di San Nidolò) bloccati in Argentina a causa dell’emergenza Coronavirus, sta facendo tutto ciò che è nelle sue possibilità per sbloccare la situazione e riportarli in Italia.

Con i collegamenti aerei di linea sospesi, la speranza è in un volo diretto di rientro organizzato dalla Farnesina, come tanti se ne stanno organizzando in questi giorni.

«Siamo un piccolo Ateneo, e questo ci permette di “coccolare” i nostri studenti e di metterci a disposizione per ogni evenienza» – fa sapere il rettore, che assieme alla professoressa Paola Pittia, coordinatrice dei progetti Erasmus, sta mantenendo un canale aperto tra Italia e Argentina.

«Nel frattempo il nostro compito è garantire al nostro studente la possibilità di laurearsi nonostante non abbia ancora una data certa per il volo: dopodomani, come è accaduto per tanti altri studenti di Unite durante l’emergenza Coronavirus, sosterrà la sessione in collegamento webinar».

E quanto al mezzo di UniTe per il rientro dall’aeroporto, non è una esagerazione: UniTe ha davvero allertato un mezzo per l’eventuale recupero degli studenti Erasmus che hanno intenzione di rientrare dagli aeroporti di Roma, Milano e Bologna.

 

«Per numeri non siamo “La Sapienza” e per noi è molto più facile gestire i rapporti con i nostri studenti all’estero. Al momento su 36 Erasmus in Portogallo, Spagna, Austria e Lituania, solo 2 studenti hanno manifestato l’intenzione di rientrare a Teramo – spiega il rettore – Gli altri 34 studenti hanno deciso di rimanere all’estero per concludere il prestigioso percorso di studi. Per ciò che concerne invece la mobilità internazionale, abbiamo 5 studenti all’estero in Paesi extraeuropei, tra i quali c’è proprio Daniele Perillo». 

 

AGGIORNAMENTO 2. In serata Daniele e Sante hanno voluto ringraziare coloro che si stanno adoperando per riportarli in Italia dopo la loro lettera: «Non troviamo le parole, non solo per ringraziare il Rettore Dino Mastrocola, ma tutta l’Università degli Studi di Teramo, che ci è sempre stata vicina, non ci ha mai abbandonato dall’inizio di questa imprevedibile vicenda, insieme al console italiano di Mendoza Piero Vaira, e soprattutto la sua collaboratrice Eugenia Fernanda Ferrer che ha preso a cuore la nostra situazione e ha cercato di aiutarci in ogni modo, ma soprattutto non troviamo le parole per ringraziare la comunità tutta, la stampa e il Sindaco di Teramo, Gianguido D’Alberto, che si è subito attivato, appena appresa la notizia, raggiungendoci in videochiamata per fornirci supporto. Non potevamo immaginare quanta forza potessero avere la voce della stampa e le istituzioni locali. Vogliamo rassicurare tutti sul fatto che stiamo bene e che stiamo aspettando che l’ambasciata organizzi il volo. Grazie di cuore a tutti».