Avevano già sparato ad Amarena, lo ha rivelato l’autopsia

In precedenza però erano stati usati pallini, stavolta un colpo calibro 12 che ha perforato un polmone, provocando al plantigrado una morta lenta. L’esame necroscopico eseguito all’Izs di Teramo

TERAMO – Il Comune di Villalago, dove questa estate l’orsa Amarena era diventata una star con i cuccioli, si costituirà parte civile; l’orsa Gemma per la seconda volta in pochi giorni va a sbafare nei ristoranti di Scanno, cortesemente invitata ad andarsene dopo un pisolino. Domenica il Wwf a Pescina ha indetto una manifestazione ‘Un futuro per l’Orso’, in memoria di Amarena e in difesa della fauna italiana. A Gioia dei Marsi, mutuando modelli canadesi di convivenza tra umani e plantigradi, la cosiddetta ‘comunità a misura d’orso’, vengono distribuite recinzioni elettrificate, pollai anti orso e raccoglitori rifiuti anti orso, e organizzato un incontro per parlare di buone pratiche comportamentali in caso di incontri ravvicinati con la fauna selvatica. C’è insomma una alzata di scudi, anche identitaria, in Abruzzo, in difesa di uno dei suoi simboli, a testimonianza di un reale nervosismo che è calato dopo l’uccisione di Amarena nella notte del 31 agosto.

E quindi resta davvero difficile comprendere certi fatti anche alla luce dei precedenti, perchè come l’autopsia ha dimostrato, avevano già sparato ad Amarena, più volte forse, ma con una sostanziale differenza: che a colpire la mamma dei due cuccioli erano stati dei pallini piccoli da caccia, e non un proiettile calibro 12 che l’ha uccisa. Gli stessi abruzzesi delle aree interne insomma si erano dimostrati in qualche modo ‘adattati’: quegli spari di ‘avvertimento’, in sostanza di allontanamento, che nel passato avevano colpito l’orsa sono un fatto abbastanza comune nelle terre dei parchi. Già l’orso Stefano, che fu ucciso in Molise nel 2013, presentava le stesse ferite, ossia un connubio di avvertimenti e una fucilata successiva mortale. Fucilate che diventano incomprensibili.

La scoperta autoptica (l’esame necroscopico è stato eseguito all’Istituto zooprofilattico di Teramo) poi cambia la narrazione dell’evento, perchè ora è tutto nelle mani del perito balistico Paride Minervini, la cui relazione sarà decisiva per definire l’accaduto. Gli ambienti giudiziari fanno infatti capire che la ricostruzione della dinamica dello sparo è cruciale per definire le responsabilità dell’unico indagato, Andrea Leombruni, dalla tempistica alla scelta dell’arma e del proiettile, passando per la distanza, e la traiettoria, la chiusura del cancello di casa per bloccare l’orsa. Il tutto al netto di una morte lenta, dovuta al colpo che è sì entrato nel polmone dal fianco vicino alla spalla, ma che ha compresso irrimediabilmente tutti gli organi interni provocando una inevitabile emorragia interna. Morte lenta che Amarena ha tentato di combattere alzandosi più volte da terra, inutilmente.