Delitto Masi: il reo confesso condannato per calunnia

TERAMO  Il caso è ancora irrisolto, gli assassini sono ancora sconosciuti e uccel di bosco. In compenso, però, nel delitto dei coniugi Masi ci sono due arresti e soprattutto adesso una condanna. Un anno e mezzo fa fin_ in galera un millantatore esperto in rilevazioni satellitari; ieri, dopo una detenzione di oltre 3 mesi, è stato condannato il disoccupato ex collaboratore di giustizia che aveva raccontato agli investigatori di sapere chi aveva ucciso l'avvocato Libero Masi e la moglie Emanuela Cheli: lui stesso e due complici. La procura non gli ha creduto, l'ha arrestato e ieri l'ha fatto condannare a due anni e 10 mesi di reclusione per calunnia aggravata.  Massimo Bosco, 37 anni residente a Nereto, aveva riferito molti particolari a chi stava indagando sul duplice delitto del giugno 2005. Alcune cose poco precise, altre inutili, molte però dettagliate. Al punto tale da diventare pomo della discordia tra chi gli credeva e sottolineava perché avrebbe dovuto mentire accusandosi della partecipazione a un delitto da ergastolo, e chi lo riteneva un millantatore, animato da voglia di protagonismo: stando alla sentenza di condanna, ha avuto ragione la procura. E come se il mistero non bastasse, nel giorno della sua condanna, muore uno dei due che Bosco indicava come autori materiali dell'omicidio, ucciso pare da una overdose di droga a Pescara. Il mistero resta, perché al di là della condanna per calunnia, bisogna interrogarsi sui perché della chiamata in correità di Bosco che si era definito il 'palo' della banda e che lo scopo del blitz in casa Masi era una rapina, finita tragicamente perché evidentemente i due coniugi avevano riconosciuto uno degli aggressori, tra l'altro una volta cliente di studio. E' proprio lontano dalla verità quello che ha raccontato l'ex collaboratore di giustizia? Insomma, c'è il bisogno di approfondire, non solo perché a distanza di quasi due anni non abbiamo ancora fatto giustizia di quella mattanza.