TERAMO – Nelle parole del procuratore capo Gabriele Ferretti, a margine di un altro procedimento, e dall’ennesimo no (il quarto) del gip Marina Tommolini all’ennesima richiesta di remissione in libertà, si intuisce che la procura teramana è intenzionata a chiedere il giudizio immediato nei confronti di Maurizio Di Pietro e Guido Curti. I due imprenditori teramani, arrestati il 27 gennaio scorso e da allora in cella a Castrogno, accusati della bancarotta da 3 milioni di euro delle società di movimento terra a loro riconducibili, potrebbero dunque arrivare al processo in stato di detenzione. Fonti del tribunale indicano infatti per vicina la chiusura di una prima parte del faldone di inchiesta da parte del pubblico ministero Irene Scordamaglia, che ha sentito ancora in queste settimane personaggi, professionisti o persone coinvolte nell’amministrazione delle aziende fallite, per cercare di chiudere il cerchio attorno a questa vicenda che vede indagate sette persone. Per quanto riguarda i due imprenditori in carcere, dopo il cambio di legale (Guglielmo Marconi invece di Cataldo Mariano), Guido Curti aveva chiesto di essese ascoltato dal pm: nel corso dell’interrogatorio si sarebbe autoaccusato della gestione economico-finanziaria e ha scagionato il commercialista Carmine Tancredi, tirato in ballo in precedenza, sempre nel corso di un’interrogatorio dinanzi allo stesso pm. Aveva poi chiesto la remissione in libertà, ma anche stavolta, dopo il parere negativo del magistrato, il gip ha respinto la richiesta, ritenendo le sue dichiarazioni uno stratagemma per ottenere l’uscita dal carcere, almeno agli arresti domiciliari.
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