TERAMO – Una bufera finanziaria e giudiziaria si abbatte sul noto immobiliarista teramano Antonio Zuccarini. La Banca Tercas, istituto che gli ha concesso linee di credito per circa 6 milioni di euro, ha intentato una causa civile contro di lui per il recupero delle somme, ottenendo dal giudice civile il sequestro di quote in sette società. Tra queste c’è anche la TFZ srl, titolare dello storico Caffè Grande Italia di piazza Martiri della Libertà. Non solo. La vicenda viaggia in parallelo con la dichiarazione di fallimento depositata nei giorni scorsi per un’altra società immobiliare, la "Z & Z srl" di cui Zuccarini è amministratore unico. Alla base della decisione del tribunale civile, che ha accolto la richiesta della banca teramana che aveva avviato il recupero del credito sotto la gestione del commissario Riccardo Sora, ci sarebbero alcuni passaggi di quote tra lo stesso Zuccarini e suoi famigliari, con l’intento di eludere l’azione dell’istituto creditore. Una bufera che rischia adesso di travolgere uno dei luoghi simbolo della mondanità cittadina, riaperto dopo tanti sforzi e soprattutto sette anni di chiusura alla fine di agosto del 2005 e che oggi occupa una trentina di dipendenti, grazie anche alla "replica" aperta in via Badia. Zuccarini è lo stesso imprenditore protagonista di recente di un accorato appello in tv, a Teleponte, in cui denunciava Equitalia per avergli ipotecato beni per un equivalente di circa 9 milioni di euro basandosi però su una omonimia. Dalla vicenda è nata una causa civile in cui l’immobiliarista chiede il risarcimento morale e di immagine all’azienda di riscossione tributi che nel corso delle settimane successive all’esplosione del caso rettificò l’ipoteca, ma per un importo minore, secondo un debito inferiore rilevato in una fase di verifica ulteriore della pratica. Zuccarini è noto per essere un imprenditore attivo in numerose attività in svariati settori, in particolare della compra-vendita di immobili. E’ il caso del palazzo ex Banca Popolare di via Oberdan, oggi sede dell’Inps, costato oltre 4 milioni di euro, dell’area ex Rabbi di viale Bovio, oppure ancora dell’edificio mai completato ai piedi della collina del Michelangelo e che avrebbe dovuto ospitare una clinica privata.
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