A Teramo devono tornare…

TERAMO – Che ci volete fare. Le giornate da noi trascorrono cosi…. un processo Parolisi, un rinvio a giudizio per il senatore Tancredi, una richiesta di rinvio a giudizio ancora per il senatore Tancredi, manciate a piene mani di avvisi di garanzia alla Asl, un forse avvio di procedura da parte della Regione per la rescissione del contratto del direttore generale della suddetta Asl Giustino Varrassi… E il dottor Robimarga, che andrà a giudizio con il rito abbreviato, che non è esattamente una di quelle situazioni che ti fanno sperare che l’etica, resuscitata dalla vittoria della giustizia, tornerà ad essere l’unica legge. E poi ancora riflessi di quanto avviene sul piano nazionale. Berlusconi non si ricandida e il nostro governatore Chiodi come in quell’intramontabile altalena a due, del giardinetto pubblico, va su su su su…. ma va molto, su. La Regione Lombardia e il suo governatore vanno giù e l’Abruzzo e il governatore Chiodi vanno su su su…. L’Idv in due diverse circostanze dà una mano al governo regionale (con la richiesta di rescissione del contratto di Varrassi e con la mozione in Consiglio regionale per l’azzeramento di tutte le Province) e in questo caso va su su su l’Idv ma va su su su anche il governatore Chiodi. Tanto che a un certo punto, dopo Vespa, anche La7 raccoglie l’invito a sostenere l’ascesa del giovane e promettente Chiodi, uno dei volti (e reputazione) spendibili secondo la nuova teoria di Alfano. La7 dunque, con il suo insospettabile programma "Omnibus" invita il governatore d’Abruzzo, gli ridà l’azzurro, gli conferma la faccia e partecipa all’operazione "mandiamo Chiodi sempre più su". C’è già chi giura che Gianni Chiodi, vecchia o nuova legge elettorale, ha un posto assicurato in Parlamento, garantito senza la necessità di coinvolgere il popolo. Non ho dubbi. il suo è un destino tracciato da molto tempo, da quando il teramano Gianni Chiodi decise che "non di solo studio da commercialista vive l’uomo". Quando dico "vive" lo dico nel senso che riporta il Vangelo di Matteo (se state malignando andatevelo a cercare, che cosa dice Matteo, che a volte è meglio ricordarsi che prima di Renzi altri già sono esistiti). Dicevamo di Chiodi e del suo destino, del suo studiare da sottosegretario (almeno). Capirete… in un momento in cui il tecnico con il tocco ascetico è il massimo (sono fortemente tentata anch’io: forse cedo definitivamente alla moda Monti), Chiodi va fortissimo. Era troppo chiaro di carnagione qualche anno fa per Berlusconi che pure tanto lo ha amato e lo ama? Va benissimo per la tendenza moda politica inverno/primavera 2013. E’ vero però che a quelli che gli sono stati vicino e fedeli (i Di Dalmazio, i Mazzarelli, i Venturoni per citarne solo alcuni), Chiodi, per quanto capace di mosse eleganti di svincolamento, non potrà non rendere qualcosa in termini politici. E qui si ragiona meno su su su su…. e si scende un po’ più giù. Eh si, perchè a Teramo il popolo è arrabbiatino. Non gli piacciono le questioni legate alla Asl, al popolo, non gli piacciono gli accordi trasversali, non gli piace non avere più la possibilità di ottenere un credito in banca se non c’è un potente che ti raccomanda. Al popolo non piace non capire perchè non si arrivi mai a capo di nulla: un Ipogeo, un teatro, una destinazione di uno stadio, un commissariamento di una banca, un’ispezione di Banca d’Italia all’altra banca, una casa dopo il terremoto. Al popolo non piace non capire se deve combattere davvero per mantenere Teramo Provincia o se è solo un falso problema, non gli piace vedere che tutti si fanno belli sui birilli dell’ospedale che diventano la pietra di uno scandalo che è tutto interno a un paio di caste e alla politica, mentre le carrozzine continuano a non poter scendere dall’auto davanti all’ingresso del Mazzini  (adesso, col doppio senso di circonvallazione Ragusa sarà dura anche lì, ma questo non c’entra). Chiodi, per quanto avvolto di azzurro, da Teramo deve ripassare. Lo esigono certamente i suoi assessori (compreso il saggio e collaborativo Morra e il vivace dissidente Gatti) trascinati sul carro che andava all’Aquila. I Teramani devono rientrare, lo sanno bene: per loro non varrà un saluto da lontano.