TERAMO – Ci saranno anche i dipendenti della Provincia, domani, in Consiglio provinciale. E’ la prima delle iniziative di protesta concordate nel corso di un’assemblea del personale che si è conclusa nel pomeriggio di oggi. A far discutere sono i tempi e le modalità previsti dall’emendamento in discussione in queste ore al Senato che contempla, da gennaio, il taglio del 50% delle spese del personale delle Province, rinvia a decisioni che devono assumere le Regioni rispetto al personale da ricollocare (entro marzo) senza però prevedere alcuna risorsa, non fanno cenno a incentivi al prepensionamento. Ieri la manifestazione nazionale a Roma e da domani iniziative di protesta in tutta Italia. Il provvedimento fa temere l’avvio di procedure di mobilità per circa 150 dipendenti dell’ente teramano. Il "peso" di queste decisioni è stato sintetizzato, oltre che dai sindacalisti e dai dirigenti, anche dal presidente Di Sabatino: «Meno 5 milioni di euro sui servizi, meno 7 milioni e mezzo per il personale. In queste settimane abbiamo sensibilizzato i nostri parlamentari ma temo che dal Governo non arriverà alcun aiuto perchè questa riforma approssimativa l’hanno concepita loro, perchè c’è la partita delle Prefetture e quella delle Camera di Commercio. La partita dobbiamo giocarla con la Regione, D’Alfonso ci ha scritto annunciando una legge organica. Io rispondo dicendo facciamo molto presto; nel frattempo stiamo preparando tutta la documentazione che serve: ricognizione puntuale sui servizi che rimangono e di quelle che non dovremmo avere più per legge; numeri e costi del personale. Intanto stiamo tagliando dappertutto e mettendo mano alle partecipate. In questo momento non voglio aprire un conflitto istituzionale, anzi ho bisogno del contributo di tutti e di tutte le forze politiche per risolvere questo problema che per me non è solo il problema delle vostre trecento famiglie ma anche di quelle dei disabili, degli studenti, di chi va in macchina su strade insicure". Non ci stanno, i dipendenti provinciali, a far passare l’idea che non vogliono "reinvestire su se stessi cambiando ente o ufficio". Il problema, come sottolineato dagli interventi è che: «Non c’è alcuna garanzia di essere ricollocati, nessun obbligo per altri enti e molte poche probabilità che questo avvenga davvero».
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