Ex Sad Plastic, la Finanza scopre 'spoliazione' da 13,5 ml di euro

TERAMO – Coinvolge anche la zona industriale di Teramo e la ex Sad Plastic di Sant’Atto, l’inchiesta con cui la Guardia di finanza del nucleo di polizia tributaria di Firenze ha smascherato la ‘spoliazione’ di beni, dipendenti e finanziamenti per oltre 13,5 milioni di euro di una società attraverso il passaggio ad altra e arrestato i due fratelli imprenditori forlivesi proprietari della ditta teramana, e un terzo di nazionalità bosniaca. Secondo l’indagine fiorentina, i due fratelli d’accordo con il bosniaco, avevano minuziosamente "programmato il fallimento della loro società sottraendole completamente attrezzature, merci, dipendenti e finanziamenti trasferendoli presso la controllata bosniaca,’Sad Est”. Le indagini per i due proprietari della nota azienda che produceva calzature antinfortunistiche parlano di bancarotta fraudolenta transnazionale, infedeltà patrimoniale, ricorso abusivo al credito e truffa. In fase di sequestro beni e immobili per un valore di oltre 13 milioni di euro. Al momento, solo uno dei due imprenditori forlivesi, il più giovane, è stato rintracciato. Al momento dell’arresto, nella villa in provincia di Forlì, l’uomo avrebbe cercato di fuggire e di nascondere dei soldi, in parte nascondendoli nelle fioriere, in parte gettandoli, chiusi in un bauletto da moto, oltre il muro della villa, per una somma complessiva di 60.000 euro. In corso varie perquisizioni nelle province di Roma, Milano, Forlì, Ravenna e nel nucleo industriale di Sant’Atto. Il provvedimento nasce da una complessa attività investigativa, coordinata dalla procura di Firenze e svolta dalle fiamme gialle fiorentine, in seguito fallimento della F.C. srl – operante nel campo della produzione di calzature e prodotti antinfortunistici, che era subentrata alla ex Sad Plastic srl – che “ha permesso – spiega la gdf – di portare alla luce un sodalizio criminale che ha organizzato e materialmente eseguito la spoliazione di tutti i beni aziendali della predetta società, in danno dei creditori". Secondo gli inquirenti, il fallimento era stato programmato nei dettagli. L’indagine è scattata a Firenze, anche se l’attività produttiva dell’azienda, poi trasferita in Bosnia, si svolgeva a Teramo e in provincia di Forlì, perché circa un anno prima del fallimento i due fratelli avevano spostato la sede legale a Firenze. Inoltre, anche le quote sociali della società bosniaca, inizialmente intestate ai due imprenditori, sono state poi cedute all’imprenditore bosniaco, già loro dipendente.