Il rettore emerito D'Amico: «E' un grande gesto d'amore verso la città»

TERAMO – «Adesso che il progetto entra nel vivo, vorrei avviare la riflessione sul fatto che si tratta di un grande gesto di amore verso la città da parte dell’Università di Teramo». Questo spazio così grande, è evidente a tutti, è superfluo per una struttura come UniTe, che non solo ha avviato nella gestione D’Amico una razionalizzazione delle sedi, portate ad appena due, ma che nella realtà di Colleparco è nella giusta dimensione. Ecco perché il rettore emerito ne parla in termini di dono: è un’occasione che se non presa al volo, condannerebbe o avrebbe condannato l’ex manicomio a restare rudere pericoloso e costoso sotto il profilo della manutenzione. E per sempre monumento all’incuria e al disinteresse. «Spero che la città non voglia riavviare dibattiti inutili – ha detto D’Amico – su una scelta che all’80 per cento è obbligata, perchè tanto non nella zona aperta, quella con le demolizioni delle strutture superflue e non di valore, se non ci fai il teatro cosa ci fai? Un parco giochi?».
Ripete, il rettore emerito e oggi appieno nel suo ruolo di responsabile del procedimento legato al Masterplan, che “l’importante è che la processione esca…”. E a domanda chiarisce il perchè: «Per me la soddisfazione o il riconoscimento non è andare a inaugurare la cittadella della cultura ma aver avviato il progetto, aver permesso che tutto questo partisse». E da qui arriva la sicurezza che la cittadella andrà in porto, «perché – dice – ci vorranno magari sei mesi di più, ma alla fine questo progetto si realizzerà».
Ma Luciano D’Amico, che da 15 anni conosce la realtà locale e porta ancora fresca la ‘ferita’ del no alla funivia, sembra già sentire le contestazioni verso il progetto, tipico del teramano. A cominciare dal fatto che non sia più rettore e che non può fare come dice lui e che dovrà far decider al consiglio comunale; seconda critica che demolisce parti storiche dall’alto valore per la città, terza critica dobbiamo dire noi cosa ci va e cosa ci si fa: «Io non posso fare come mi pare – replica subito D’Amico -, la gran parte delle scelte è limitata, conservare significa che non puoi fare quello che vuoi, su 22mila metri 20mila non le puoi toccare. Poi dove devi conservare i locali hanno determinate caratteristiche che non puoi farci un polo scolastico, non hai gli standard di sicurezza ad esempio per questa tipologia,  ci puoi destinare soltanto una istituzione pubblica  l’unica è l’università. Che ha bisogno di aule e di un’aula magna. Ecco perchè il progetto prevede il teatro ipogeo, ecco perchè la vecchia chiesa ospiterà un auditorium: cosa dovrebbe andarci altrimenti in un edificio originariamente destinato al culto per conservarlo se non un auditorium?». Chiosa sulla funivia, ma non per rinvangare. «Soltanto per ricordare – conclude il rettore emerito – che nell’ultima versione, sarebbe dovuta partire proprio di fronte a questo nuovo progetto, per collegarsi alla campata verso il Campus all’altezza del terrapieno del parcheggio di San Gabriele, tra sede Asl e ponte…»