Capitali rintracciati sull’isola di Man, arresti anche per il figlio del commercialista

Com’era stato invitato a fare, il giovane è rientrato da Londra, dove lavora: il pm ritiene che parte dei beni delle procedure concorsuali transitassero attraverso società a lui intestate. Giro da 1,5 milioni di euro

TERAMO – Era definito un passaggio decisivo dell’inchiesta preliminare e per questo gli appelli al rimpatrio erano stati diversi negli ultimi periodi: nelle scorse ore anche il figlio del commercialista Massimo Dell’Orletta, è finito agli arresti domiciliari, bloccato dai militari della Guardia di Finanza appena sbarcato da un volo da Londra, dove lavora e da dove è rientrato spontaneamente.

Il professionista, 37 anni, una laurea in Economia e importanti contratti nel sistema bancario londinese, figura nell’inchiesta condotta dal pm Stefano Giovagnoni, come uno dei intestatari delle società utilizzate per il passaggio di beni provenienti in molti casi dalle procedure concorsuali che il tribunale di Teramo affidava al padre. In particolare, di alcuni si trova traccia su conti accesi nell’isola britannica di Man. Ritenuto, notoriamente, anche dal nostro Governo un paradiso fiscale, per il suo regime agevolato e un carente sistema di trasparenza bancaria, amministrativamente autonomo sia dalla gran Bretagna che dall’Unione europea.

Nelle prossime ore anche il giovane sarà ascoltato dal gip Marco Procaccini, nell’interrogatorio di garanzia previsto dal codice. Intanto, lo stesso giudice, ha respinto la richiesta di revoca degli arresti domiciliari nei confronti del professionista, che fu anche revisore dei conti della Tercas, che dovrà restare ai domiciliari con obbligo di braccialetto elettronico. A Dell’Orletta, arrestato una settimana fa, viene contestata l’ipotesi di reato di peculato e di interesse privato negli atti di un fallimento, per un giro di oltre 1,5 milioni di euro.

In particolare, è emerso che il professionista teramano, avvalendosi di società costituite ad hoc ubicate in Italia ed all’estero, riconducibili a lui e al figlio, avrebbe fatto acquistare, nell’ambito delle predette procedure fallimentari, crediti deteriorati; successivamente, in virtù della propria posizione privilegiata di curatore, avrebbe provveduto, tramite una nuova proprietà dell’attivo fallimentare, appositamente pilotata, ad affidare a detti crediti un maggiore valore economico, incassando così, tramite le citate, consistenti somme di denaro.