TERAMO – Nel carcere di Castrogno a Teramo si muore più che a Rebibbia che ha una popolazione tre volte superiore: è la denuncia, l’ennesima, che gli attivisti del Movimento Amnistia, Giustizia e Libertà, muovono contro un Dipartimento e penitenziario e un Governo che nulla muove per migliorare le condizioni di vivibilità all’intero del penitenziario teramano. E lo hanno fatto questa mattina rendendo nota la lettera di un gruppo di detenute di Castrogno che descrivono la vita invivibile in una sorta di “lazzaretto", dove si esce soltanto per fine pena «o perchè ci si uccide». Sono tre le persone decedute dall’inizio del 2013 a Castrogno, 19 dal 2008: sono numeri che, aggiunti a quelli della popolazione carceraria, dove i 420 rinchiusi superano di gran lunga i previsti, al massimo, 270 della capienza, e dove il personale di sicurezza e di controllo è cronicamente carente. «L’appello che noi di Amnistia, Giustizia e Libertà lanciamo – ha ripetuto il referente regionale Vincenzo Di Nanna – è rivolto anche al giudice di sorveglianza: la nostra proposta di legge sull’amnistia tende a liberare l’affollamento nelle carceri, problema acuito dall’interpretazione vecchia di una norma contenuta nel codice Rocco che non contempla la depressione tra le patologie che permettono il beneficio delle misure alternative. E’ anacronistico: oggi la depressione e la principale causa di morte negli istituti di pena ma nemmeno di fronte alle relazioni mediche interne che sottolineano l’imminente pericolo di vita dei detenuti depressi si mettono in atto i benefici». Quello della malattia psichiatrica è altra aggravante dell’affollamento di Castrogno: in Abruzzo è l’unica struttura che, almeno sulla carta, può accogliere detenuti affetti da queste patologie, ma in realtà l’assistenza psichiatrica svolta da un solo medico, è garantita solo per poche ore a settimane.
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